19 novembre 2006

La repubblica degli ipocriti

Ieri, durante una manifestazione comunista a Roma a favore del terrorismo palestinese, gruppi di reduci delle gloriose giornate di Genova hanno simbolicamente bruciato pupazzi raffiguranti i nostri soldati di Nassyria.
Si è alzato vivo lo sdegno dei destri e dei sinistri e persino di Diliberto, uno dei soliti noti che sfila con la meglio gioventù dei centri sociali.

Io, francamente, mi sdegno dello sdegno.
In un paese che da trent'anni tollera centri sociali ricettacolo di reati, i cui ospiti allorché escono dai loro covi seminano distruzione e che nei momenti di mansuetudine riducono i muri delle città a porcili di ghirigori, ogni nuova impresa suona solo a vergogna di chi ha consentito che questi tumori si radicassero nelle nostre città.
Mi sdegno con i capitalisti, novelli Feltrinelli dei salotti buoni, che li hanno ospitati nei loro capannoni e nelle loro catapecchie.
Mi sdegno con chi li ha coperti politicamente senza ottenere come contropartita l'avvio di un percorso di normalizzazione.
Mi sdegno con la Guardia di Finanza che non interviene contro questi paradisi del commercio equo e solidale esentasse.
Mi sdegno con Prodi che li accoglie nella propria maggioranza.
Mi sdegno con l'assessore alla cultura di Milano, Sgarbi, che farnetica di trasformare in un museo il Leoncavallo per impedirne lo sfratto.
Mi sdegno con la destra che in cinque anni di governo ha finto che il problema fosse politico e non d'ordine pubblico.
Mi sdegno con Bertinotti che in doppio petto inorridisce, mentre dal suo partito e da quello dell'ineffabile Diliberto vennero giudizi tremendi sulla missione di belligeranti delle nostre truppe in Iraq, e sui loro giornali si leggeva che i nostri militi erano una prezzolata legione straniera che meritava di correre rischi mortali.

La verità è che questi gi-ottini sono figli legittimi e vezzeggiati della sinistra che li ha sempre giustificati e considerati una risorsa.
Oltre che un'ottima leva di manovra quando occorre dare spallate alla destra.

18 novembre 2006

La repubblica dei pazzi (segue)

Prodi ha dichiarato venerdì che il paese si sta svegliando.
Padoa Schioppa ha prontamente provveduto ad aumentare la dose di sedazione con un emendamento alla finanziaria di oltre 800 commi.
Prodi mugolando ha chiesto la fiducia alla Camera dei Deputati, spiegando che è un intervento terapeutico necessario.

13 novembre 2006

La repubblica dei pazzi

Ogni governo ha un proprio stile di conduzione della funzione propositiva ed una specifica connotazione nella comunicazione.
L'esecutivo di Prodi non sfugge a questa regola.
Anzi si può definire un unicum.
Durante la fase dibattimentale della legge finanziaria, il più corposo ed importante atto di gestione politica dell'anno, riesce ad emanare ogni giorno decine di modifiche alla propria proposta, metà delle quali volte a rettificare le norme del giorno precedente, che non erano state proprio benevolmente accolte dalla sua stessa maggioranza oltre che dai settori di volta in volta vessati.
Naturalmente ogni toppa è peggiore del buco e così si accavallano polemiche e rettifiche.
Il risultato è uno sconfortante puzzle di provvedimenti caotici il cui collante è solo, esclusivamente, la feroce determinazione di innalzare il peso fiscale sui cittadini.
Il meglio, il governo ed il Presidente in persona lo realizzano nella comunicazione.
L'assunto è che i cittadini non capiscono la finanziaria perché egoisti, disonesti, malinformati.
Ed anche pazzi.
L'irrequietudine di Prodi non ha ormai confini che la contengano.
Il suo stato di salute psichica pone serie preoccupazioni anche al suo clan. La prossima mossa, assai temuta dai suoi amici, è la nomina della sua bicicletta da corsa nello staff della presidenza del consiglio.

12 novembre 2006

La squadra degli invincibili

Parlare del Milan nel novembre del 2006 sta diventando noioso ed imbarazzante.
Scritto una volta che la squadra è vecchia, demotivata e sfiatata, che l'allenatore non sa inventare più nulla, che la dirigenza è esclusivamente dedita alla propria autoassoluzione ed autocelebrazione, non c'è nulla di nuovo da aggiungere.
Il campo, il giudice sovrano ed inappellabile di questo sport, dice che il Milan è sceso in zona retrocessione e non tanto e solo per gli errori degli arbitri, mediocrissimi come sempre, bensì perché nelle ultime sette partite ha collezionato cinque punti con una media-retrocessione di 0,71 a partita.
Questo è tutto e, poiché finge di non capire anche il proprietario, aspettiamoci una naturale conclusione per questa stagione...

05 novembre 2006

Domani Milano?

Milano è una città brutta ed invivibile.
Anche se la passione indigena fa dilatare gli effetti di qualche scheggia di bello, la realtà è che la nostra città diventa ogni giorno meno piacevole, più anonima, più attorcigliata fra cementi, nastri d'asfalto brulicanti di lamiere, sporcizia ed aria inquinata.
Assicurano che questo sia il destino delle metropoli ma, avendo girato abbastanza l'Europa, la sorte matrigna come con noi lo è stata raramente.
Milano ha una posizione geografica infelice. Non beneficia di una ventilazione decente e quando c'è vento, come in questi giorni, siamo talmente disabituati che diventiamo tutti isterici.
Ha una configurazione toponomastica contorta che nemmeno i bombardamenti della seconda guerra mondiale sono riusciti a correggere.
Ha ai propri angusti confini (un'area municipale fra le più limitate) diagonali di centrotrenta chilometri urbanizzate ognuna secondo un proprio modello, ovviamente in dispregio di un disegno globale che nessun ente territoriale, impegnato in visioni planetarie, gli ha mai imposto.
In questo contesto, il problema del traffico è esplosivo come porre una colonia di batteri del tifo nell'acquedotto..
Per limitarsi agli ultimi vent'anni, hanno tentato di metter cerotti tutte le amministrazioni municipali, con rimedi di breve respiro e mancanti di una visione strategica.
Singolare fu l'idea di un sindaco socialista di chiudere il centro storico a sorpresa nei giorni di Natale, con le auto tutt'intorno incolonnate ed impossibilitate a svincolarsi. Raccontano di qualcuno che lì trascorse la notte del Bambino.
Egualmente geniale fu un tale Formentini che per porre ostacoli al traffico sospese la manutenzione delle strade, che presto sembrarono un paesaggio lunare. Tutte le categorie dell'auto lo elessero loro benefattore.

Ora arriva la signora Moratti, sindaco delle libertà, che medita di passare alla storia per avere restituito a Milano l'aria pulita, dopo avere riformato con minore fortuna la scuola italiana da ministro.
Milano non è eliminabile?
Le auto nemmeno, per ora?
C'è qualcosa di trendy ed ecologico in giro per l'Europa?
Voilà, il gioco è fatto. Un consistente ticket per tutti coloro che usano la macchina, siano essi pendolari o residenti, con l'unica eccezione per coloro che comprano l'auto nuova, così Luca Cordero ed il Corriere saranno più amici.
In cambio?
Fra cinque anni, aria delle Orobie circolerà festosa per le nostre piazze e vie e potremo girare anche senza mascherina in inverno.
Ci saranno le piste ciclabili, così le signore bene ed i vecchi biliosi eviteranno di investire i pedoni sui marciapiedi, molti tram in più, tante caldaie ecologiche per quando verrà freddo. Se non si adegueranno, i proprietari degli stabili saranno tassati affinché con il ricavato si possa fare circolare anche aria delle Dolomiti nelle domeniche milanesi.
Il noto problema dei parcheggi per ospitare le auto sarà risolto dalla drastica diminuzione delle stesse.
Il programma d'estensione della rete metropolitana sarà accantonato per la semplice ragione che i milanesi preferiranno spostarsi a piedi o in bicicletta.
Resterà il problema dell'inquinamento dell'hinterland. Se tutti i comuni confinanti, e così via a raggera, non si adegueranno alle regole della capitale, il secondo piano quinquennale prevederà un importante investimento in paratie alte centinaia di metri che saranno calate intorno ai confini cittadini ogni volta che i valori dell'inquinamento provinciale minacceranno la purezza dell'aria milanese.
Tutto perfetto?
Un problema si porrà. L'assembramento di pedoni nelle strade impedirà la pulizia periodica delle stesse. La sporcizia via via si accumulerà, creando impedimenti alla circolazione ma anche proteste dei cittadini esasperati che, sobillati dalla malavita, appiccheranno pericolosamente il fuoco ai rifiuti.
L'ordine pubblico peggiorerà, e vive saranno le proteste delle signore bene che non potranno più circolare con le loro biciclette griffate.
Il sindaco Moratti penserà allora ad un provvedimento drastico e rivoluzionario come l'antica tassa sulle auto.
Un dazio per tutti i cittadini che calpestano l'asfalto pubblico ed un articolato programma affinché tutte le attività impiegatizie siano svolte al domicilio con il computer, così come tutti gli acquisti per la sopravvivenza.

Sarebbe stata la perfezione, se non fosse esistito quello stupido partito dell'inquinamento che alleatosi con i leghisti, i conservatori, il partito degli automobilisti e dei pedoni, usò il suo voto determinante per sfiduciare il sindaco.

01 novembre 2006

Ho letto Vassalli

Sebastiano Vassalli è con Sciascia, Salinger, Chiara uno degli autori che leggo dagli esordi e cui continuo ad essere attento e fedele.
L'ultima raccolta di racconti edita per i tipi di Einaudi nell'agosto scorso, La morte di Marx, segna un tentativo dello scrittore di sperimentare nuove strade.
Egli scrive in nota all'opera che... «bisognava tentare di essere assolutamente moderni e... dopo avere pensato per vent'anni (credo a ragione) che il presente non fosse raccontabile, ho voluto tornarci per vedere se era cambiato qualcosa...».
Ne è sortita un'opera strana, composta di tre parti scritte in epoche diverse, di cui nell'ultima, di due anni fa, si può cogliere di Vassalli il respiro del grande affrescatore e narratore.
Più taglienti, brevi, quasi asettici i racconti moderni che raffigurano uomini-automi, atomi di una massa senz'anima.
Una lettura affascinante, stringente, provocante nei sentimenti contrastanti che suscitano i due momenti del libro. Lo raccomando, non prima di suggerire per chi non avesse dimestichezza con l'Autore, di leggere almeno La notte e la cometa.