29 maggio 2008

Una settimana in viaggio

Ciao Amici.
Vado una settimana a Berlino con la curiosità della prima volta e con l'ansia dell'analfabeta in germanico. Terrò sottobraccio mio figlio che non ha problemi con l' inglese... sperando di non incrociare qualche discendente dell'uomo con i baffetti.
Curatemi l'Italia, la sua monnezza doc, le sue contraddizioni irrisolvibili, i suoi strategici problemi dell'etere televisivo, il suo ventre molle di rom e clandestini.
Ci diremo tutto al ritorno.

28 maggio 2008

Le vedove di Mancini

Moratti ha fatto la scelta giusta: Mancini non era l'allenatore adatto per la sua Inter. Troppo esigente con i giocatori viziati, troppo irriverente con i dirigenti presuntuosi, troppo antipatico al sottobosco del calcio, troppo odiato dai giornalisti a caccia di personaggi per colmare la mancanza di idee. Troppo innamorato di una sfida contro tutti e contro tutto. Troppo interista, probabilmente. Troppo scomodo. Rischiava di alterare i falsi equilibri, dentro e fuori la società. E di fare ombra a qualcun altro.

Laura Alari, su Quotidiano net.

27 maggio 2008

La Padania Rossa

I comunisti italiani e la loro Padania rossa erano contrari alle autostrade e ai televisori a colori, come avevo scritto qui (specificando che non era uno scherzo). Oggi Filippo Facci, sul Giornale, riporta dati, citazioni e altre stupidaggini pubblicate sul quotidiano che più di ogni altro, ancora oggi, fa molto ridere.

dal blog Camillo, di Christian Rocca

Si è spento il sole a Milano

Dalle 17.37 la vità è più grigia.
Si è sciolto il duo da avanspettacolo Dentone-Ciuffettino.
A fare ridere restano solo Ancelotti e il Pelato.

Grand'Italia e dintorni (9)

“Finalmente una buona notizia: non ci sarà più la Festa nazionale dell’Unità” dice Mario Rodriguez a Europa (27 maggio).
E adesso, per par condicio, lotta dura alla Befana

“Chi plaude come ‘democratica’ la rivolta antidiscarica, forse non lo sa ma ‘il modello di stato’ che sta proponendo a tutti noi è il Libano” dice Angelo Panebianco sul Corriere della Sera (27 maggio).
Qualcuno però lo sa che il modello di riferimento è il Libano, e non per nulla ha già anticipato i tempi cercando alleanze con gli hezbollah.

“Una doppia fila di cassonetti di ferro sistemati l’uno sull’altro, legati con catene d’acciaio. Saldati tra di loro, puntellati da barre di metallo e resi invalicabili da più giri di filo spinato” dice Federico Geremicca sulla Stampa (27 maggio).
E poi dicono che i napoletani non lavorano.

Lodovico Festa, su L'Occidentale

26 maggio 2008

I ricchi sono scemi anche oltre Manica

Fra i duecentomila articoli di presentazione della finale di Champions League ne abbiamo letto almeno uno sorprendente, sul Guardian a firma David Conn, riguardante la parte finanziaria di quella che noi abbrutiti davanti a Sky definiamo "modello inglese". In pratica Conn ha evidenziato come al di là dell'enfasi sul fatturato, che effettivamente vede Chelsea e soprattutto Manchester United ai vertici del mondo, la situazione debitoria delle due società sia formalmente tragica: in totale circa un miliardo e mezzo di sterline (circa 1867 milioni di euro). Il Chelsea ne deve ai suoi creditori 736, mentre lo United 764. Debiti simili, ma verso soggetti molto diversi: il principale creditore del Chelsea è infatti...il suo proprietario, Roman Abramovich. Per uno dei pochi miliardari russi non entrati nel mirino di Putin i soldi messi nei Blues ammontano a 578 milioni di sterline: non sottoforma di donazione né tantomeno di aumento di capitale, ma di prestito senza interessi. La curiosità nella curiosità è che quasi nessuno degli altri debiti del Chelsea è verso banche. Insomma, non solo la società è di Abramovich (dal 2003), ma anche se dovesse essere venduta sarà a lui legata per sempre, a meno di un 'cancella il debito' in stile Bono-Jovanotti. La gestione corrente va piuttosto bene, stiamo parlando di dati aggiornati al giugno 2007: fatturato di 190,5 milioni e perdite scese a 75,8: il famoso break even, cioè il punto di pareggio gestionale, secondo i piani dovrebbe essere raggiunto nel 2010. Quanto ai Red Devils 'americani', qui a causa della strutturazione del takeover dei Glazer i debiti sono quasi tutti esterni: 666 su 764 (da notare che di recente il valore del club è stato valutato in 90 milioni di sterline) verso banche e vari istituti finanziari, con interessi da 81 milioni di sterline a stagione. Significa, a partità di soldi di partenza, poter ingaggiare due fenomeni in meno ogni stagione.

Stefano Olivari, su Indiscreto

25 maggio 2008

Non ne usciamo più

Da tre giorni la Franzoni, la mamma assassina di Cogne, dopo la sentenza definitiva della Cassazione è rinchiusa in carcere.
Potrebbe essere una condannata innocente o una feroce delinquente che ha massacrato un piccolino di tre anni. Questa vicenda è stata giocata per anni mediaticamente e sottoposta al referendum degli innocentisti/colpevolisti. Possibile che al referendum abbia partecipato anche la magistratura. Le convinzioni degli uni e degli altri sono così partigiane che nemmeno la sentenza di terzo grado ha acquietato l'opinione pubblica.
La Franzoni ed il suo clan familiare hanno giocato anche oltre la scadenza dei termini il ruolo dei perseguitati. Capita ed è capitato nella storia giudiziaria. Molti anni fa l'opinione pubblica si divise egualmente per il delitto Fenaroli, in cui le accuse che portarono Ghiani all'ergastolo erano così improbabili da lasciare in tanti la sensazione del colpevole di comodo. L'unica differenza era che Ghiani era un povero cristo senza parentele di rispetto.
Quello che oggi è inaccettabile sono le reazioni del mondo politico-giudiziario. Un giorno dopo la procura di Torino, che ha sostenuto vittoriosamente l'accusa, ha chiesto l'applicazione di uno sconto di pena di tre anni.
Per un'infanticida. Un giorno dopo la condanna.
Oggi dal mondo politico, corso solerte e bipartisan al carcere di Bologna a consolare l'assassina, partono ipotesi di grazia presidenziale o almeno di carcere domiciliare.
Questo è un paese che ha perso la cultura della legge e della pena afflittiva per i reprobi. Vedi Soffri.
Questa è la stessa logica che porta un mentecatto telecronista televisivo a chiedere alla madre di un ragazzo assassinato, con la compagna, ad un incrocio da una pirata della strada drogato, senza patente, con trascorsi penali, se era pronta a perdonare il delinquente stupendosi del fermo rifiuto.
Questo è un paese dove un indagato viene distrutto giudiziariamente e mediaticamente ma dove un condannato in qualche mese si toglie il fastidio del carcere.
Questo è il paese della tolleranza 100% e del perdonismo buonista.
Per tutto ciò i delinquenti di tutto il mondo ci scelgono come residenza definitiva.

24 maggio 2008

Quando il Milan aveva le strisce verticali rossonere

Avrei compiuto tredici anni la settimana dopo, quando assistetti alla mia prima partita a San Siro, nientemeno che un derby.
Grazie alla complicità di mio padre, che rabbonì mia madre, fui aggregato ad un suo collega di banca che si assunse l'incarico di farmi da balia e protettore, una specie di Caronte nel mare dei dannati, come si raffigurava mia madre il mondo dei tifosi.
Lo stadio di San Siro era ancora fermo al primo anello. Le partite si vedevano rigorosamente in piedi, così da fare stare sugli spalti 40.000 spettatori. Ai derby si andava almeno quattro ore prima, ma per essere sicuri di non finire in alto, in un angolo, quel giorno entrai con la mia guida alle 10. Inizio ore 15.
Da allora mi è rimasta addosso l'ansia di arrivare allo stadio con largo anticipo.
Nell'era dei posti prenotati mi basta un'ora.
Si giungeva a San Siro da casa mia con il 38, tram che attraversava tutta la città, dall'Ortica a Piazza Axum, in un'ora circa. Si viaggiava stipati, fra urla e briciole di panini sgranocchiati dai più affamati. Le ultime case popolari finivano a P.zza Segesta. Poi erano prati sino al Trotter, con fitti greggi di pecore che pascolavano in attesa della transumanza estiva.
Con l'avvicinarsi allo stadio aumentava l'eccitazione che diveniva, al capolinea, corsa sfrenata di tutti gli occupanti verso le entrate.
Non ricordo come si trascorrevano le ore di attesa. Di quel mio primo derby, ho fissa nella memoria una accesa rissa nel mio settore con i tifosi dell'Inter, che quell'anno comandavano la classifica ed avrebbero alla fine vinto lo scudetto, e l'odore acuto dei salami, degli agrumi e del vino contenuti in sportoni che con l'avvicinarsi della partita si svuotavano malinconicamente.
Con i rituali di sempre, cinque minuti prima dell'inizio, entrarono le squadre.
Fu un'emozione violenta, un tremore di attesa e di paura che non mi ha mai più abbandonato nei derby, un soffio di amore passionale quando vidi le mie maglie confuse fra quelle degli altri.
A tredici anni capii che quella partita non si deve mai perderla e che se la vinci hai per quattro mesi il primato cittadino. Vuole dire sfottere gli avversari a scuola o al lavoro per settimane, vuole dire svegliarsi il lunedì felice o angosciato, vuole dire odiare con tutto il tuo essere tutto il mondo degli altri, le loro maglie, i loro giocatori, i loro tifosi, il loro allenatore e i loro dirigenti.
Di quell'Inter-Milan, finito 0 a 0, ho ricordi ovviamente evanescenti, ma vivissimo un tiro del pompierone Nordhal che nel secondo tempo sfiorò il palo.
Quante volte nei giorni successivi mi immaginai quel pallone bucare l'angolo della porta della nord e regalare una vittoria clamorosa ai miei colori che erano rigorosamente rossoneri, a strisce verticali con i calzoncini bianchi.
A fine partita, svuotato di emozioni, fui rimesso sulla tradotta verso casa, ora silenziosa come se il pareggio avesse tolto a tutti i contendenti l'ultimo briciolo di energia da spendere in canti ed urla.
Quando arrivai a casa fui accolto come un reduce redivivo, cacciato in un bagno bollente, forse per purificarmi, e spedito a letto dopo una frugale cena.
Era questa la rivincita di mia madre, che per tutta la vita continuò ad essere convinta che una volta o l'altra in quello stadio mi sarebbe capitato qualcosa di brutto.

Per la storia, il Milan quel giorno schierò questa formazione:
Buffon, Pedroni, Zagatti, Annovazzi, Tognon, Pistorello, Frignani, Gren, Nordahl, Celio, Burini.
All. Speroni. D.t. Busini.

Grand'Italia e dintorni (8)

Di Pietro ed il nucleare: che c'azzecca?

“Ovviamente non avrebbe senso buttarsi a capofitto in una tecnologia nucleare” dice Antonio Di Pietro alla Stampa (23 maggio).
Adesso si è messo in testa di arrestare anche il progresso.

Lodovico Festa, su L'Occidentale

23 maggio 2008

Da Oltretevere: Bene il ritorno al nucleare

CITTA’ DEL VATICANO - Come "cittadino italiano" e come esponente della Curia vaticana, il Cardinale Renato Raffaele Martino ha ‘benedetto’ la scelta del Governo Berlusconi di tornare al nucleare. «Parlando da cittadino italiano dico che la decisione del Governo di tornare al nucleare è quanto mai conveniente. Parlando da Cardinale ricordo che la Santa Sede è uno dei membri fondatori dell'Aiea, l'agenzia internazionale dell'energia atomica, che si propone di promuovere l'uso pacifico dell'energia atomica», ha spiegato all'ANSA il porporato, Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. La decisione del Governo è conveniente «perché l'Italia - spiega Martino - compra a caro prezzo l'energia elettrica prodotta con centrali nucleari dai Paesi confinanti con il nostro». Inoltre «quel timore nei confronti delle centrali nucleari originato dal disastro di Chernobyl che fu alla base del referendum del 1987 - osserva il porporato - dovrebbe ora scomparire di fronte a diverse ragioni». La prima, fa presente Martino, è che «le centrali nucleari che si costruiscono oggi sono molto più perfezionate e moderne di quelle dell'epoca di Chernobyl, la cui esplosione, tra l'altro, va ricordato fu causata da un errore umano». Altro aspetto che convince il cardinale è la considerazione che «gli italiani vanno costruendo centrali nucleari per il mondo. Ora perché - si chiede - non dovrebbero mettere le loro capacità a servizio del proprio Paese?». Tanto più, ricorda Martino, che «le centrali nucleari italiane, dopo il famoso referendum che le chiuse, non sono state del tutto dismesse e c'è ancora del qualificato personale che le mantiene e che ora potrà tornare a lavorarvi. Certo, è necessario senz'altro ammodernarle prima».

dal sito Petrus

A Napoli non c'era Casini

A Napoli Berlusconi ha convinto tutti: anche i giornali meno amichevoli gli hanno riconosciuto un piglio nuovo, decisionista, capace di imporre il suo punto di vista sul governo e sugli alleati.
La stampa parla della “svolta di Napoli” per descrivere un nuovo stile di governo che somiglia più a quello della Thatcher che a quello di Andreotti. Con buona pace di Massimo D’Alema che aveva invece bollato l’esordio del Berlusconi IV come “dorotoeo”, fatto di compromessi e meline.
Invece a Napoli il Cav. ha condotto il consiglio dei ministri con piglio sicuro, ha preso decisioni anche delicate e controverse senza stonature e nell’insieme il governo ha dato di sè un’immagine sobria e solidale.
Tutti si interrogano sul motivo di questa svolta, sulle ragioni di questo cambio di passo, e si arrovellano per comprenderne le origini e le motivazioni strutturali o addirittura psicologiche.
Noi un’idea ce la siamo fatta e pensiamo che se a Napoli, nel consiglio dei ministri, tutto è andato liscio la ragione è una sola e piuttosto banale: Casini e l’Udc sono rimasti a casa.

da L'Occidentale

Grand'Italia e dintorni (7)

Il Pd farà astensione durissima

«La durezza di Bersani non è un’ipoteca sul voto del Pd» dice Stefano Cappellini sul Riformista (22 maggio).

Ci si appresta a una durissima astensione?

Lodovico Festa, su L'Occidentale

19 maggio 2008

L'Internazionale socialista

Mentre in Italia Veltroni ammalia Berlusconi con parole buoniste ed amicali, lasciando il ruolo di guastatori alla coppia Travaglio e Di Pietro, in Europa la strategia di sputtanamento del governo è affidata ai governi socialisti amici. In attesa delle intemerate di Schultz a Strasburgo, si è mosso a ranghi compatti il governo zapateriano con accuse di razzismo e discriminazione dei diversi.
L'anima candida Frattini assicura che Zapatero non la pensa così, ma intanto tutti i suoi ministri esprimono all'Europa la loro angoscia.
Stupendi questi Spagnoli nel dare lezioni, ma anche un po' immemori.
Risulterebbe che l'accoglienza che riservano ai migranti afro-islamici non sarebbe del tipo Lampedusa, ma affettuose fucilate alle Canarie o a Ceuta e Melilla, basi coloniali in Marocco.
Le accuse di antieuropeismo fatte alla Lega sono ancora più amene. In un paese dove il federalismo è una piaga sanguinosa, dove si contano una decina di lingue regionali ufficiali, dove i tavoli di confronto con Madrid si traducono in quintali di tritolo, darci lezioni è una sciccheria.
La stranezza di questi atteggiamenti è solo apparente. Non sono vecchie ruggini fra due popoli anzi affratellati da una disastrosa esperienza dittattoriale nel Novecento, ma è il fastidio che l'Europa socialista esprime per l'ennesima vittoria nel continente della destra.
Ed è un favore a Wolter, che con una mano fa il buonista ma con l'altra tiene le fila dei pupazzetti di Madrid.
Quando il Berlusca capirà che in tema di furbizia politica non gli basterebbe una vita per eguagliare la capacità disinformatrice della chiesa rossa, quando si toglierà la saccente convinzione di essere un padre della patria buono e rivoluzionario, quando smetterà di credersi il titano che convertirà alla democrazia i comunisti ex, post e neo, sarà sempre troppo tardi!

Annus horribilis

È finito un campionato orribile. Lo ha vinto la squadra più odiosa d'Italia, all'ultima giornata con due gol del redivivio Ibra, mandato in Svezia a smaltire qualche eccesso di punture vitaminiche.
Il Milan ha bucato l'iscrizione alla Champions finendo quinto. Giustissimo così. Il campionato, a differenza delle coppe, è una rigorosa sommatoria di meriti e demeriti. Il Milan ha giocato il più indecoroso torneo casalingo, con una media di risultati degna della retrocessione.
Meritava la quarta, la Fiorentina, che con una saggia politica di ringiovanimento e con un allenatore non ottenebrato dallo stinco di maiale ha raggiunto un obiettivo importante per la crescita sportiva e societaria.
In Via Turati si riparla di scudetto ma non di rifondazione. Segno evidente di una società nel marasma, cui non mancano i soldi ma le idee.
Giudicheremo al 31 agosto, ma è facile prevedere che si privilegerà l'acquisto markettaro ad una politica di costruzione di una squadra vincente nel tempo.
Unico dato certo è che dopo 50 anni di abbonamento passerò nella schiera dei teletifosi.
Grazie Galliani.

09 maggio 2008

Grand'Italia e dintorni (6)

“Il vecchio stalinismo era sostenuto da un’ideologia, da qualche forma di ideale” dice Piero Sansonetti su Liberazione (8 maggio).
Certo che tra l’essere fucilato nel nome della costruzione del socialismo o per difendere le marchette Inps di Epifani, un po’ di differenza ne passa.

“Credo che nessuno possa in questo momento mettere in discussione il ruolo di Veltroni” dice Massimo D’Alema al Riformista (8 maggio).

In questa dichiarazione dalemiana quel che conta soprattutto sono le parole “in questo momento”.

“E non mi fermo al linguaggio sboccato o alle magliette di Calderoli” dice Silvio Sircana al Corriere della Sera (8 maggio).

A Sircana Calderoli non farebbe impressione neanche se si presentasse con le calze a rete

Lodovico Festa, su L'Occidentale

08 maggio 2008

La sinistra della destra umiliata da Berlusconi

A noi che siamo dell'ala tremontiana, antimercatista, moderatamente padana o, per meglio capirsi, convintamente cisalpina, in definitiva una costola della sinistra, come sintetizza il baffino-skipper riferendosi al Capo Carismatico ma anche a Bossi e Maroni, questa squadra di governo dimostra che il Cav. si è rammollito.
Ci aveva promesso sette-otto donne di peso, con l'anca a sinistra, e si presenta con il fogliettino dove, a fianco della veterana e terrona Prestigiacomo, c'è solo la Gelmini più due sportafogliate che contano solo bella presenza.
Ci aveva detto che la giustizia sarebbe stata presidiata al massimo livello ed invece di Vito, che faceva incazzare Di Pietro ed il Csm, solo a nominarlo, ti propina un certo Alfano che non ha collezionato nemmeno un avviso di garanzia.
Ci aveva promesso un incarico per Giovanardi, che ha sopportato la disgrazia di nascere nella stessa città di Castagnetti, di coabitare una vita con Casini e che per cinque anni ha dovuto fare figure di palta in Parlamento per difendere i provvedimenti ad personam del Cavaliere due e tre. E invece niente, forse sarà solo sottosegretario con delega forte mentre Rotondi, chi? si prende l'attuazione del programma e la rappresentanza di tutti i cattolici del PDL.
Ma soprattutto, ci aveva assicurato che Bonaiuti sarebbe stato compensato per i 15 anni di errata corrige, che si è dovuto sobbarcare al seguito di Berlusca che notoriamente, spesso, prima parla e poi pensa (vedi, ultimo esempio, Ronaldinho).
E anche lui desparecido.
E allora a cosa è servito asfaltare Veltroni, cancellare i comunisto-arcobaleni, mettere a tacere Storace?
Ce lo dica Cavaliere e ce lo dica anche Tremonti, nostro Capo Carismatico, cisalpino, con il feeling con D'Alema.
Cosa credete, Voi due, che ci bastino Maroni, Bossi, Sacconi, per sopportare l'onta dell'assenza del lacustre Castelli e sopra ogni cosa, quasi una vergogna a dirlo, il dicastero-senza portafoglio-della semplificazione a Bobo Calderoli.
Semplificazione cosa?
Il suo dicastero, ora e sempre, dev'essere il Ministero delle terre d'oltremare, dove riportare la civiltà padana e quattro sane ranzate alla famiglia Gheddafi.
E se nel governo-ombra di Wolter l'incarico di Ministro della giustizia venisse affidato a Pera e quello delle riforme a Formigoni, io, che forse ho convinto almeno due familiari a votare PDL non più tardi di un mese fa, a costoro cosa racconto?
Che rialziamo l'Italia con Frattini ed il mite poeta Bondi?

05 maggio 2008

Superpippo

Segnare un gol a 6 centimetri dalla porta è un’arte. Non è semplice, infatti gli altri non ci riescono. Gli altri calciano da 30 metri e indirizzano la palla giusto nell’angolino. Sai che bravura. E che ci vuole? Basta provare e riprovare in allenamento. I parvenu del calcio vanno in visibilio per quei tiri arcuati che girano girano girano e poi superano il portiere. I tifosi si spellano le mani ma, se ci pensi bene, sono gesti tecnici scontati. Tutti si allenano per fare gol così. Pippo se ne frega di queste sovrastrutture. Lui sta lì, famelico, pronto a catapultarsi col suo fisico di gomma verso il pallone. Con la nuca, col ginocchio, col tallone, con l’anca, con uno stinco, stai certo che l’ultimo tocco è il suo. Non sono neanche gol di rapina i suoi, sono gol di scippo. Ci vogliono rapidità, scaltrezza, imbroglio, capacità di cogliere di sorpresa la vittima. Pippo è una mosca tse tse, corre, capitombola, si aggrappa, spinge, ruba palla, è scoordinato. Io lo amo.

dal blog Camillo, di Christian Rocca

02 maggio 2008

La lingua dei Padri

Alea iacta est

Secondo Erasmo, la frase esatta, attribuita da Svetonio a Cesare è Alea iacto est, il dado sia tratto.
Milioni di casalinghe lo ripetono ogni giorno, preparando il brodo artificiale, e restando anonime. Cesare la pronunciò una volta sola e passò alla storia.
Il fiume Rubicone segnava, presso Rimini, il confine tra la Gallia Cisalpina, provincia affidata alla giurisdizione di Cesare, e l'Italia. Schierato dalla parte del rivale Pompeo, il senato aveva bruscamente intimato al generale di deporre il comando e di rientrare a Roma come privato cittadino. Cesare si rese conto della gravità del momento. Varcare in armi questo fiume voleva dire la guerra civile, rinunciare all'azione equivaleva alla sua morte politica. Mentre meditava sulla decisione da prendere, gli apparve un prodigio. Un uomo bellissimo, di grande statura, sonava il flauto e, incantati dalla musica, accorrevano da ogni parte pastori, soldati e trombettieri; allora l'uomo misterioso afferrò una tromba, corse verso il fiume e lo varcò impavido, intonando il segnale di battaglia. Suggestionato da questa visione, Cesare esclamò: "Andiamo là dove ci chiamano i prodigi degli dèi e l'iniquità degli uomini. Sia tratto il dado".
Cominciava con queste parole il grande gioco d'azzardo che aveva come posta Roma e doveva concludersi cinque anni dopo, con ventitré pugnalate.

Cesare Marchi, Siamo tutti latinisti

01 maggio 2008

Il derby che Moratti ha già vinto

Inter batte Milan per perdite di esercizio: 206,83 milioni di euro a 31,98 milioni. E’ questo uno degli aspetti economici del decisivo derby di domenica prossima: decisivo sia per la conquista dello scudetto per i nerazzurri che per la rincorsa al quarto posto per i rossoneri, che significherebbe l’accesso al turno preliminare della ricca Champions League. Liberomercato ha esaminato gli ultimi bilanci civilistici: quello della società presieduta e controllata da Massimo Moratti coincide con la stagione calcistica (1° luglio 2006-30 giugno 2007), mentre quello del club presieduto (ancora per poco, a causa della legge sul conflitto d’interessi) da Silvio Berlusconi coincide con l’anno solare 2007 poiché ha aderito al regime fiscale del consolidato nazionale con la controllante Fininvest.
Stato patrimoniale. Emerge il forte squilibrio tra debiti e crediti dell’Inter, pari a 348,46 milioni. La società nerazzurra presenta al 30 giugno scorso un patrimonio netto negativo di 70,2 milioni. Ma non ci sono problemi, grazie alle consistenti disponibilità finanziarie di Moratti. Nella nota integrativa si legge che il socio di riferimento ha provveduto, dopo la chiusura di esercizio, "ad effettuare versamenti a completamento dell’aumento di capitale sociale già deliberato dall’assemblea dei soci del 22 giugno 2007 per l’importo complessivo di euro 70.670.903". Nel documento si sottolinea che "è in corso di attuazione un ulteriore versamento di 35 milioni" a copertura di ulteriori perdite. Tra gli 80,8 milioni di altre passività vi sono 36,7 milioni riferiti "a una cessione pro soluto ad un primario istituto di credito di parte dei corrispettivi derivanti dal contratto di cessione" di diritti tv per la stagione 2007/08. Soldi già spesi per la gestione assieme a 24,88 milioni di risconti passivi. Nonostante lo squilibrio debiti-crediti di 234,83 milioni, anche il Milan non ha problemi grazie alla robusta copertura Fininvest. La sua controllante ha contribuito a irrobustire il patrimonio netto con la rinuncia "di parte di un finanziamento fruttifero" trasformato "in versamento in conto capitale" per 10,86 milioni. Inoltre, la Fininvest ha effettuato un altro versamento per 14,14 milioni. Il revisore Deloitte & Touche ha evidenziato che nello scorso gennaio è stato effettuato un altro versamento di 25 milioni. Dal rosso di bilancio è arrivato un beneficio per la controllante: il Milan le ha trasferito 18,34 milioni per "nell’ambito dell’accordo sull’esercizio dell’opzione per il regime fiscale del consolidato nazionale".
Controversie fiscali. Il Milan spiega che "è stata completamente azzerata" la voce "altri fondi per rischi e oneri" per effetto della riclassifica per 3,06 milioni del fondo tra i debiti tributari "a seguito della definizione dell’assoggettabilità a tassazione di componenti positive di reddito relative alla stagione 2001/2002". Per il debito residuo "è stata concordata con l’amministrazione finanziaria la rateizzazione fino all’anno 2010". La pace col fisco, riguardante l’Irap, ha comportato 1,48 milioni inclusi nella voce "oneri tributari esercizi precedenti". Sulle plusvalenze calciatori l’Inter, spiega in nota integrativa, "ha ricevuto un avviso di accertamento a tali plusvalenze per l’esercizio chiuso al 30 giugno 2002. Inoltre nel mese di luglio 2007 è stato notificato analogo accertamento sull’esercizio chiuso al 30 giugno 2003. L’Agenzia delle entrate ha accertato complessivamente maggiore Irap per euro 5,3 milioni più interessi e sanzioni per euro 2 milioni". La società ha presentato ricorso.
Ricavi e costi. i nerazzurri perdono il confronto sul valore della produzione, incassando 221,21 milioni contro i 257 milioni dei cugini. Ma li superano sui costi: 409,22 milioni contro 285,64 milioni. Riguardo al fatturato dell’Inter i diritti tv sono pari a 91,5 milioni, mentre le sponsorizzazioni 29,6 milioni. Il Milan ha suddiviso i proventi tv tra quelli da Sky, Mediaset e da squadre ospitanti (107,36 milioni), da quelli per partecipazione competizioni Uefa e Fifa (48,3 milioni). Tra i costi dell’Inter ha pesato l’ultima quota di ammortamento, pari a 111,79 milioni, degli oneri del "salvacalcio". I compensi calciatori hanno raggiunto i 117,23 milioni (+10,75%), mentre i premi rendimento sono pari a 21,66 milioni (+54,55%). I contratti dei giocatori sono costati al Milan 124,91 milioni (+12,51%): la quota variabile per i risultati sportivi è di 13,77 milioni (+47,44%). I consiglieri di amministrazione rossoneri hanno ricevuto un compenso globale di 3,05 milioni contro i 750mila euro dei nerazzurri.

Marco Liguori, su La Settimana Sportiva


Tutto molto istruttivo, come l'articolo sul 24 Ore di martedì sui ricavi delle maggiori società europee, con il deficit di introiti da stadio delle nostre big. Il calcio nostrano regge sui diritti televisivi ma solo sino al 2010. Poi Sky e Piersilvio rifaranno i conti al risparmio. E finiranno le vacche grasse anche per Galliani, ed il compenso del cda del Milan che sfiora i 6 miliardi. Tanto pagano le televisioni!