27 febbraio 2009

Epitaffio

Non vedo e non scrivo di Milan da molti mesi. Da quando il rifiuto della conduzione societaria e della guida tecnica mi ha indotto ad interrompere 50 anni filati di abbonamento allo stadio.
Ieri sera ho visto in televisione l'ingloriosa e vergognosa eliminazione dalla Coppetta Uefa.
Finalmente siamo arrivati alla fine di una storia che pure ha dato momenti di grande gioia.
Galliani, Ancelotti ed un gruppo di ex-calciatori ci hanno accompagnati in questa decadenza che tutti i milanisti onesti avevavo avvertito incombente sin da tre anni fa.
Ora vediamo cosa farà il Berlusconi nella mossa decisiva di imprenditore sportivo.
La logica direbbe andarsene con tutta la compagnia da operette che ha messo in piedi negli ultimi anni.
Ma forse, in mezzo a tante distrazioni, gli è rimasto un briciolo di affetto per queste maglie.
In tal caso, via con la rifondazione con giovani di belle speranze, veri atleti con la fame di vittorie. Perderà i favori di una tribuna fighetta ed esibizionista ma incompetente, smetterà di finanziare la curva dei calabresi e tanti altri parassiti, da MilanLab sino alle decine di markettari che hanno trasformato una gloriosa società di calcio in un'agenzia per eventi speciali. Ma ritroverà la veemente passione dei cacciaviti di tutte le generazioni.

25 febbraio 2009

Una fiera già vecchia

Il giro alla BIT di domenica scorsa è stata anche l'occasione per "ammirare" la nuova fiera di Milano. Per chi è stato a Valencia è praticamente impossibile trattenersi dal fare un confronto con la Ciudad de las Artes y la Ciencias. Quest'ultima con soluzioni interessanti, innovative, funzionali, esteticamente belle e soprattutto pulita; la prima è invece tutt'altro che ardita, sembra già vecchia e impressiona immediatamente per la sporcizia che si è accumulata sulle grandi superfici di copertura in vetro. Certo che un architetto che a Milano, una delle zone più inquinate d'Europa, progetta coperture di vetro perfettamente orizzontali (probabilmente con vetrate non autopulenti) una cosa del genere avrebbe dovuto prevederla! Un'altra grande e dolorosa delusione. E a questo punto comincio a temere per l'Expo del 2015. A ridosso della fiera va segnalato un sistema di viabilità incredibilmente complicato (con un'assurda successione di rotonde) e una cartellonistatica paradossale: è eccessiva in quanto a segnalazioni ma carente quanto a contenuti.

dal blog Ali e Radici


Non ho ancora visitato il nuovo polo fieristico, né sono ormai stimolato a farlo, ma non dubito che la testimonianza di Nautilus sia puntuale e credibile.
Per queste ulteriori ragioni, per la sostanziale incapacità della decadente Milano di organizzare eventi che non siano passerelle modaiole, io mi auguro che la rissa su Expo 2015 porti ad una rinuncia a questo folle progetto.
Risparmieremmo palate di soldi che in tempi di crisi epocale potrebbero meglio essere utilizzati, eviteremmo di fare boiate architettoniche come ormai da trent'anni succede, toglieremmo ai soliti noti una ghiotta opportunità da combinare affari per le loro tasche ed infine la smetteremmo con questa fuffa terzomondista che la sindachessa del clan Moratti tenta pervicacimente di propinarci.
PS: lo scandalo delle rotonde (vedi comune di Rozzano), quando porterà ad una fragorosa rotondopoli?

20 febbraio 2009

Il teorema dello scorpione

Alla cerimonia degli addii di Walter Veltroni, Massimo D'Alema non c'era: né alcuno ha pensato di evocare il suo nome. C'era però il suo fantasma, avvistato dai più competenti osservatori politici e sottopolitici. I quali ricordano che un giorno dei primi anni Novanta D'Alema venne alle mani con Achille Occhetto, insieme al quale aveva defenestrato a suo tempo Alessandro Natta. Il litigio lasciò una scia di risentimenti che dura da circa diciotto anni. Poi fu la gara per la segreteria con Veltroni: furono consultati i militanti. Dissero Veltroni, segretario diventò D'Alema: nuovo risentimento. In quel tempo fui richiesto di dire chi avrei votato nella consultazione: D'Alema dissi, perché non conviene fare il segretario di alcunché con un D'Alema al proprio fianco (il teorema dello scorpione). Poi D'Alema inventò, in collaborazione con Beniamino Andreatta e pochi altri, il professor Prodi come alfiere politico dell'Ulivo. Ma ottenuta la vittoria, nel giro di due anni e mezzo lo sostituì di brutto a Palazzo Chigi, insieme con Veltroni che era il suo numero due nel governo. Nuovi risentimenti. Considerato chissà perché pericoloso, D'Alema fu a sua volta fatto fuori dopo un annetto e qualcosa a Palazzo Chigi. Vince Berlusconi nel 2001, subito dopo, e D'alema cucina a fuoco vivo Cofferati, che era uscito indenne dalla legislatura litigiosa dell'Ulivo e in nome della coesione sociale voleva guidare una specie di Labour Party non si sa bene dove. Cofferati va in Pirelli, poi a Bologna: nuovi risentimenti. In quel periodo il prof. Salvati propone sul Foglio un "partito democratico", specificando chissà perché una clausola di salvaguardia: non deve esserci di mezzo D'Alema. D'Alema fa spallucce, reiventa Prodi, Prodi 2, pareggiano nel 2006 con Berlusconi, e dopo un anno D'Alema lancia Veltroni come leader del PD, ciò che Prodi prende come un tradimento meritevole del suo risentimento. Perdono le elezioni l'anno scorso, e D'Alema organizza un partito nel partito, con tanto di tessere, sedi, televisione e giornale. Fa fuori Veltroni aiutato da un rovescio elettorale dieto l'altro.
Niente di illegittimo. D'Alema è personalità politica robusta, al Quirinale avrebbe fatto faville, la sua intelligenza & supponenza ci ha spesso protetto dal tedio. In politica si può essere scorpioni, e mordere la rana in mezzo al guado con il rischio di affogare insieme a lei. Ma che addirittura il suo nome non sia citato nella cerimonia degli addii, e nessuno scriva che D'Alema ha liquidato con magnifica arte sicaria, e sempre personalmente, una mezza dozzina di capi del suo partito, ogni volta affettando lealtà e fraternità, questo forse è bizzarro.

di Giuliano Ferrara, editoriale del Foglio del 19 febbraio 2009

Povero Silvio, è finita la festa

Uolter si è dimesso da segretario del PD dopo l'ennesima batosta elettorale, questa volta in Sardegna, terra di solide radici di sinistra.
Nella conferenza di addio davanti alle truppe ha sostanzialmente detto che il partito è afflitto da personalismi e divisioni, la linea politica è dettata dalla frangia salottiera, giustizialista e conservatrice, che le interferenze dei media condizionano l'azione del partito. Ha infine proposto alla dirigenza di amarsi cristianamente, di farsi capire dalla società metro per metro, ma anche che non si deve tornare indietro, ieri non è migliore di oggi, al nuovo leader date il tempo di realizzare il progetto.
Uno così Berlusconi non lo troverà più e da oggi dovrà sforzarsi di fare politica propositiva.
Se poi il nuovo segretario dei cattocomunisti sarà Franceschini, per le Europee ed amministrative di primavera la vedo molto ma molto dura per il PDL.

13 febbraio 2009

Andrea's versions

In presenza della manifestazione promossa per oggi dal Partito Democratico in difesa della costituzione e contro gli inammissibili attacchi a un presidente della Repubblica. Al cospetto della nobile frase del segretario Veltroni, secondo cui mai si può sfiorare, nemmeno con un dito, un presidente della Repubblica, "rappresentando egli l'espressione più alta dell'unità della Nazione".
E senza volere offndere nessuno, come direbbe il senatore Gasparri. Riteniamo d'altronde che la nobile frase, all'origine della nobile manifestazione odierna, possa essere verificata alla luce dei ricordi seguenti.
A) Il presidente Gronchi venne impalato per via di un certo Tambroni.
B) Il presidente Segni (papà dello sciagurato Mariotto) venne impalato da vivo, poi reimpalato da morto, per via delle note vicende.
C) Il presidente Saragat, "servo del capitalismo e traditore della classe operaia", eseguiva ogni mattina al Quirinale, questo almeno scriveva Fortebraccio, l'alzabarbera.
D) Il presidente Leone, basta la parola.
E) Il presidente Cossiga, ne avanza mezza.
Dopodiché, ma questo è ovvio, massimo rispetto per l'espressione più alta dell'unità della Fazione.

da Il Foglio, del 12 febbraio 2009