09 novembre 2010

Fine della fajolada rossonera?

Con Allegri nella «guerra» agli intoccabili.

Che Alexandre Pato, firmando il terzo gol milanista a Bari dopo un'ora di sana panchina, abbia festeggiato portando la mano all'orecchio sinistro, è un fatto secondario. Come pure il destinatario (o i destinatari) della sua polemica esultanza: che ce l'avesse col suo allenatore, colpevole di averlo schiaffato tra le riserve, oppure con chi per due volte (Juve e Real) lo aveva fischiato a San Siro, non cambia la sostanza delle cose. Quello che invece conta è il tempismo con cui Massimiliano Allegri ha colto al volo le indicazioni della notte di Milan-Real Madrid. Se i rossoneri non sono affondati contro i mourinhani dopo gli scivoloni di Madrid e con la Juve, il merito è interamente ascrivibile allo zoccolo duro della vecchia guardia, non certo all'aria fritta sparsa a piene mani da Pato e dal suo sodale Ronaldinho. A noi i brasiliani sono naturalmente simpatici perché esprimono allegria e gioia di vivere. Però quando si fa sul serio, i bongo, il samba, la fajolada e tutte le amenità del floklore brasileiro non ci interessano più. Al Milan si gioca a pallone, si corre e, se è il caso, si sputa sangue. Chi, come Ronaldinho e Pato, dimostra di essere duro di comprendonio, non ha più diritto a cambiali in bianco: il suo posto è la panchina. Finalmente, dopo anni di lassismo all'insegna di una malintesa brasilianità, qualcuno l'ha capito. Quel qualcuno è Massimiliano Allegri e noi siamo con lui.

di Alberto Costa, sul Corriere della Sera di oggi