28 gennaio 2011

Gli eterni gattopardi

Mentre la politica italiana si accanisce sul cadavere di Berlusconi, chi per salvare la seggiola chi per vocazione da mozzaorecchi, mentre la giustizia (cfr. relazione della Cassazione) denuncia il tracollo del sistema con qualche apertura ad analisi meno corporative dell'abituale, gli eterni padri della spesa pubblica, il tristo Amato in prima fila, si apprestano a confezionare un ulteriore scippo ai risparmiatori secondo lo stile e la cultura della sinistra marxista. Una patrimoniale di dimensioni inaudite che avrebbe il falso obiettivo di riportarci sotto la linea del 100 nel rapporto Pil/debito pubblico, ma che in effetti acconsentirebbe di riaprire il portafoglio dello stato, rinviare a mai le riforme strutturali e la modernizzazione della macchina pubblica, creare un clima di effimera euforia dei consumi con cui accativarsi il consenso delle plebi assisistite soprattutto nel Sud.
Questa spogliazione colpirebbe i ceti medi, poiché il grande capitale, alleato storico della sinistra, conosce sistemi e metodi per sfuggire alla tagliola.
Effetti collaterali? Tutti compatibili con l'etica politica della sinistra: fuga dei capitali, sterilizzazione dell'iniziativa privata, ritorno dello statalismo economico.
Sarà interessante seguire il dibattito nei prossimi mesi e vedere come gli araldi della democrazia ma anche della spesa pubblica si muoveranno per fare digerire ad un'opinione pubblica imbesuita dai festini del premier e dallo sdegno mediatico lo scippo del terzo millennio.
Scomettiamo che Casini e Fini (Rutelli è un due di picche) riscopriranno le loro antiche radici stataliste e corporativistiche?

24 gennaio 2011

Ciao, Pino Brumatti

Pino Pino. La gente lo accoglieva così quando il Simmenthal, l’ultima vera Olimpia, andava all’assalto. Noi, piangendo, lo gridiamo ancora adesso che Pino Brumatti se ne è andato a 62 anni e non poteva essere che il cuore, il suo grande cuore, a tradirlo, perché regalava alla gente felicità, ai compagni amicizia vera, al gioco che amava tutta la sua straordinaria forza di goriziano nato per andare sempre all’attacco. Impeto e assalto, ma aveva testa, sapeva sempre dove fermarsi e colpire. Arresto e tiro. Poesia in movimento. Ci è mancato tanto quando il grande basket lo ha costretto ad uscire dalla scena, perché non aveva imparato a mettersi in maschera come piaceva a troppi dirigenti che ci hanno poi portato alla deriva.

di Oscar Eleni, sul blog Indiscreto

21 gennaio 2011

Il nazismo che ci sta comprando

Intervista al professore di storia economica Giulio Sapelli, che diversamente dalla maggioranza dei colleghi è molto interessato al presente e poco al politicamente corretto. Temi liberi: la forza del Brasile, l'argentinizzazione dell'Italia, il parassitismo belga, la sottovalutazione del pericolo cinese, l'ottusità del managerialismo...

Al grande pubblico è noto soprattutto per quel “gnocca senza testa” carpito da Striscia la Notizia e riferito a Rula Jebreal, allora collaboratrice di Santoro. Definizione abrasiva in tempi così politically correct, ma non sorprendente per chi conosce Giulio Sapelli e ne ama lo spirito. Professore di Storia Economica, nonché scrittore, editorialista del Corriere della Sera e con una vita passata in giro per il mondo tra università e aziende come Olivetti, Eni, Telecom. Lo incontriamo nel suo studio alla Fondazione Enrico Mattei di cui è attualmente ricercatore emerito, ad alcuni anni di distanza dall’ultima lezione universitaria a cui avemmo la fortuna di assistere.

La crisi che ancora sta attanagliando i paesi più sviluppati pare non aver toccato i grandi paesi emergenti, i BRIC. In Italia si parla soprattutto di Cina e India meno di Russia che viene menzionata in caso di crisi d’approvvigionamento di gas o per l’amicizia tra Putin e Berlusconi. Ancor meno si parla però del Brasile, la nazione che, nonostante tutto, ci è più vicina culturalmente.
“Il Brasile è sicuramente il più affidabile tra i 4, anche l’India lo è ma in misura minore. Il Brasile è il più stabile innanzitutto perché ha avuto 20 anni di buona politica, partendo dal governo di Cardoso, mio collega a Parigi ai tempi della dittatura militare. Lula ha proseguito in quel solco col vantaggio di non avere alle spalle un partito col 5% come Cardoso, ma del 25%. Un altro vantaggio è che la dittatura, pur essendo sanguinaria, ha avuto anche qualche merito, come la grande spinta data all’industria aeronautica che oggi è tra le migliori al mondo. Lula poi ha istituzionalizzato il movimento dei senza terra, creando una piccola e media borghesia contadina, capendo che così ci si salva dagli effetti nefasti del riversamento di tutte queste persone nei contesti urbani. In più è un grande paese esportatore e ha anche enormi giacimenti petroliferi. Infine sta diventando la forza stabilizzante dell’America Latina.“

Senza dimenticare che fra pochi anni avrà Mondiali di calcio ed Olimpiadi...
“Sì, e il mondo si accorgerà sempre più della grandezza di quel paese, pensiamo per esempio ai suoi architetti... Ma un altro dato fondamentale per capire se uno stato sudamericano ha futuro è vedere se la borghesia crede e investe nel proprio paese, in Brasile ciò avviene al contrario dell’Argentina dove i ricchi portano i soldi a Miami e dove hanno avuto la disgrazia del Peronismo. Basti vedere anche quel che è successo pochi anni fa coi Kirchner che han voluto tassare ancor di più gli esportatori di carne per finanziare la spesa pubblica improduttiva. Nonostante tutti i problemi amo molto l’Argentina e mi piacerebbe trascorrer lì la mia vecchiaia, è un paese di persone straordinarie, di grandi intellettuali, anche del mondo ebraico e c’è un grande vitalismo, come han dimostrato quegli operai che han voluto riaprire le fabbriche dopo il default invece di accontentarsi dell’assegno di disoccupazione. ”

E pensare che a inizio anni ’50 era un paese che aveva un reddito pro capite ai livelli della Francia, ma da quel momento in poi decenni di sostanziale non sviluppo.
“Colpa innanzitutto del peronismo, una vera e propria sifilide, che s’è scontrato con le classi dirigenti del mondo finanziario e contro la borghesia contadina. Oltre a questo ci son stati dei mutamenti negli scambi internazionali che l’hanno svantaggiata. Ed infine il radicalismo, un movimento di stampo socialdemocratico europeo che ha espresso anche un presidente come Alfonsine, non è riuscito a diventare egemone.”

A proposito di Argentina, mi viene in mente l’opinione di Luca Ricolfi sulla situazione italiana che secondo lui sta vivendo “una lenta argentinizzazione” più che un rischio di deriva in stile Cecoslovacchia.
“Il nord e il centro dell’Italia sono una grande colonna della cosiddetta “Germania europea”, cioè di una regione che parte dal cuore manifatturiero del continente e che arriva fino a coprire una parte del nostro territorio. Credo che il federalismo fiscale, soprattutto quello demaniale, farà da apripista alla secessione anche perché è probabile che il sud vada alla deriva, in virtù del non controllo del territorio e della mancanza del monopolio della forza da parte dello stato, però è altrettanto vero che se non si fa il federalismo allora il sud trascina il nord nell’abisso, come dice Ricolfi, e quindi la secessione sarebbe anche salutare. Tutto questo è però un fenomeno che va al di là della Lega Nord nel senso che le nostre identità pre-unitarie son rimaste più forti dell’identità unitaria. Tuttavia va detto che il federalismo storicamente nasce per unire, ma ciò vale nei paesi che nascono federali come Stati Uniti e Germania, non come da noi.”

Un fenomeno che pare essersi messo in moto anche in Belgio.
“Sì, anche lì fiamminghi e valloni son divisi, ma ciò che li tiene assieme, più della monarchia, è quell’idrovora di soldi chiamata Bruxelles, piena di funzionari che non servono a nulla se non a rapinare le tasche degli europei. Prima il Belgio prendeva saprofiticamente dalla colonia congolese, adesso da queste istituzioni europee, però c’è una grossa differenza: i congolesi avevano più dignità.”

Tornando all’argomento Bric, vale la pena parlare dell’ultima lettera, la Cina. é d’accordo con chi sostiene che la democrazia arriverà come conseguenza dell’arricchimento della popolazione o invece sarà il suo modello di capitalismo autoritario a corrompere le democrazie occidentali?

“La Cina è una dittatura che rientra nel grande filone dei regimi comunisti che abbiamo visto nel secolo scorso. In questo momento sono in una fase di N.E.P. (nuova politica economica) di Leniniana memoria, con la “piccola” differenza che quella Unione Sovietica non era un paese di quasi 1,2 miliardi di persone. Ovviamente ci sono delle differenze, e anche in Cina esistono diverse visioni all’interno della sua nomenklatura, però un dato importante è che quella cinese è una dittatura di stampo militare mentre quella bolscevica aveva un carattere misto. L’errore catastrofico, ai tempi dell’era Clinton, è stato quello di farla entrare nel WTO creando così un’asimmetria incredibile che sta distruggendo una parte d’economia dei paesi più avanzati e soprattutto democratici. A me pare che la Cina sia una riedizione dell’Unione Sovietica con tratti di nazismo e quindi sia un pericolo per la civiltà.”

Quasi che l’America abbia creato inconsapevolmente un mostro...
“A me preoccupa molto l’allontanamento degli Stati Uniti dall’Occidente; è significativo che Hillary Clinton il primo viaggio l’abbia fatto in Cina e non in Europa. Un errore strategico loro, ma anche nostro, che si rischia di pagare carissimo. Tuttavia in Cina i conflitti sociali son in aumento nonostante una repressione feroce e credo che non andranno molto lontano: hanno una grande carenza di lavoratori qualificati e le aziende ed il sistema bancario non sono così sani come vogliono far sembrare. Hanno un grande bisogno di know-how e la gran parte delle loro esportazioni è fatta da multinazionali americane ed europee che lavorano lì. Anche le loro statistiche sull’economia secondo me sono false, se fossero vere dovrebbero consumare 5 volte l’energia elettrica che consumano, quindi è un po' difficile discutere in modo scientifico della loro economia. Però sono certamente una grande potenza e rappresentano una nuova forma d’imperialismo in un’area che diventa sempre più importante come l’Asia.”

Secondo diversi economisti la Cina non sta facendo altro che attuare una politica mercantilista tenendo artificialmente basso il cambio dello Yuan.
“Beh, ma è una cosa per niente sorprendente. È uno stratagemma usato per certi versi anche dall’Unione Sovietica che faceva un po' quel che voleva non rendendo convertibile il rublo e manovrando la ricchezza che le derivava dal petrolio incrociando l’andamento del prezzo internazionale del greggio con la rivalutazione del rublo. La vera questione di fondo è che non si vuol fare la guerra contro di loro, 100 anni fa si sarebbe fatta. La grande occasione persa è stata la guerra dell’oppio e lì la Cina sarebbe poi dovuta esser divisa, ma purtroppo le grandi potenze non vollero.”

Quindi non crede ad una Cina non aggressiva...
“No, assolutamente. Io vado spesso in Australia e lì i laburisti, che in fondo sono più anti-cinesi dei conservatori, sono convinti che la Cina vorrà prima o poi invadere l’Australia. Come fecero i giapponesi, d’altronde. I miei critici rispondono che contro Taiwan non hanno fatto nulla, ma solo perché non son ancora pronti... è un dato di fatto poi che si stia sempre più sviluppando un pensiero nazionalista. Credo che il futuro sarà molto interessante.”

Intanto in Africa, la strategia d’insediamento cinese pare avere soppiantato quella americana che legava gli scambi economici a questioni legate a diritti umani e democrazia in quei paesi. Magari non credendoci fino in fondo e forse anche con un po' d’ipocrisia, ma perlomeno dava l’impressione di provarci.
“Beh, se pensiamo che i cinesi esportano addirittura il lavoro forzato dai famosi Laogai... il quadro che ne esce è quella di una potenza coloniale di tipo nuovo che ha all’interno un eccesso di forza lavoro che lo stato sfrutta esportando schiavi per costruire infrastrutture in Africa, per questo parlo di un’economia nazionalsocialista. La Cina non sta che realizzando quello che Hitler voleva fare con gli slavi. La cosa sconvolgente è che di fronte a tutto ciò le classi dirigenti dell’occidente capitalistico e democratico rimangano affascinati.”

A proposito di nazionalsocialismo mi rimase impresso in un suo articolo il conio della definizione di “managerialismo” in cui tracciava una sorta di parallelo con la forma mentis nazista.
“È l’ideologia delle varie Mckinsey, Bain ecc. che propugnano un pensiero piatto senza prospettiva storica, senza complessità, anti- e a-umanistico. La loro visione è la slide di powerpoint al quadrato e le persone trattate come commodities. C’è quindi un abbassamento del livello culturale generale, di cui il managerialismo è parte, che sta infettando la direzione delle grandi imprese e non solo.”.

di Andrea Ferrari, in esclusiva per Indiscreto

20 gennaio 2011

Lo sputtanamento contro il puttanaio, ovvero The End

Il paese del bunga bunga e dei piemme piemme.

Il reato di bunga bunga non esiste. Esiste, invece, l’inviolabilità delle conversazioni private. Esiste nella Costituzione, quella carta fondamentale tanto invocata da chi poi la viola ogni giorno a caratteri di scatola. Il quadro sulla vita privata del premier è da sultanato (copyright Giuliano Ferrara). Non è vita privata, se poi paghiamo lo stipendio a Nicole Minetti. È basso impero, basso alquanto. Anche senza tener conto delle parole di Veronica Berlusconi. Le decennali inchieste sul conto del premier sono da repubblica delle banane. C’è un potere militante e irresponsabile (non risponde a nessuno) che si diverte a sovvertire l’espressione della sovranità popolare, da Berlusconi a Prodi, dalle giunte di destra a quelle di sinistra. Questa tendenza antidemocratica di parte della magistratura italiana è ben più grave di qualsiasi bunga bunga e di qualsiasi reato, ma ovviamente non li giustifica di una virgola. Berlusconi s’è fatto male da solo. La Procura di Milano non c’entra. Sarebbe stato sufficiente non assoldare escort di ogni tipo, per evitare lo sputtanamento a mezzo stampa. Questa è la partita finale tra lo sputtanamento e il puttanaio. L’Italia è questa? Sono convinto che sia piena di né né, né sputtanatori né puttanieri. Ci fosse un’opposizione credibile (Renzi, Veltroni, datevi una mossa) si farebbe un boccone del berlusconismo così mal ridotto. Ma un’opposizione seria non c’è. Il Pd non ha nemmeno il coraggio di chiedere le elezioni. Vuole abbattere Berlusconi al solito modo, con i giudici e con lo sputtanamento totale, non alle urne. Berlusconi dovrebbe staccarsi la spina, lasciare a Tremonti e fare, una volta tanto, lo statista. Dubito che lo farà. Ma è finita. Speriamo che il finale non sia quello immaginato nel film Il Caimano. Speriamo che a sinistra qualcuno provi a rifondare, prima che il vuoto venga colmato da quelli che un tempo si chiamavano poteri forti. Ma lì finiremo.

dal blog Camillo

09 gennaio 2011

Buon anno 2011

Vi auguro sogni a non finire
la voglia furiosa di realizzarne qualcuno
vi auguro di amare ciò che si deve amare
e di dimenticare ciò che si deve dimenticare
vi auguro passioni
vi auguro silenzi
vi auguro il canto degli uccelli al risveglio
e risate di bambini
vi auguro di resistere all'affondamento, all'indifferenza, alle virtù negative della nostra epoca.
Vi auguro soprattutto di essere voi stessi.

Frasi di Jacques Brel

L'Italia del boom

Sono sempre stato convinto che nella mia storia personale, ma credo anche di tutta la mia generazione, l'età dell'oro del nostro Paese sia stato il periodo 1948-1963, quello caratterizzato politicamente dall'alleanza centrista(DC-PRI-PSDI-PLI)
Il buon governo e l'alto profilo dei governanti determinarono le condizioni per quel boom economico dei primi anni Sessanta che diede all'Italia benessere diffuso e una definitiva trasformazione dell'economi da prevalentemente agricola ad industriale, con conseguenti fenomeni di concentrazione urbana al nord e di imponenti fenomeni di migrazione dal sud al nord.
Forse la nostra storia post-unitaria non ha mai vissuto un periodo così tumultuoso e positivo, euforico, con grandi strati della popolazione che migliorarono significativamente il loro stile di vita. Cominciò l'era dei consumi, seppure allora solo essenziali.
La guerra era ormai alle spalle, dimenticata. Eravamo proiettati verso il domani, che allora si chiamava Stati Uniti d'Europa.
In questo mare di ricordi che mi riprometto di sistemizzare, ho voluto fare una ricerca ed un elenco dei benemeriti politici che guidarono l'Italia dalle macerie nelle strade alla 600 per tutti.
Ed anche un riconoscimento doveroso, seppure per me tardivo, del ruolo di guida fondamentale della prima Democrazia Cristiana, della sua avvedutezza politica nell'inventarsi la politica centrista, nella sua fedeltà alla politica liberista con cui Giuseppe Pella, allievo di Luigi Einaudi, improntò la sua azione per quasi un decennio al Ministero del Tesoro.

Fra i Presidenti del Consiglio, l'omaggio ed il record di durata va al padre della repubblica Alcide De Gasperi, che guidò per sette anni il governo, attraverso due legislature (1948-1953 e 1953-1958) e che seppe calibrare la durata dei suoi governi secondo la sapiente cultura democristiana, che per sfamare la bestia politicante ogni 18 mesi faceva fare un giro di sottosegretariato alla truppa (questo il Berlusconi che vuole battere i record di durata non lo ha mai capito, perché non ha cultura politica ma padronale).
Per non tediare: ecco l'elenco degli anni del centrismo.

Presidenti del Consiglio: De Gasperi (7 volte), Zoli, Segni (3), Scelba, Fanfani (4), Pella, Tambroni (governò con un monocolore dal 25/03 al 26/07 del 1960 e si dimise dopo violentissimi scontri di piazza organizzati dal PCI in tutta Italia, a causa delle aperture politiche del suo governo al Msi di Almirante, che lo sosteneva in parlamento).

Ministri del Tesoro: Giuseppe Pella, Silvio Gava, Medici, Tambroni, Taviani (stabilmente verso la fine degli anni Cinquanta).

Ministri delle Finanze: Vanoni, sino alla morte nel dicembre 1956 e poi Andreotti, dopo una lunghissima esperienza di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con De Gasperi e con i suoi successori.

Il poeta del sud dell'esistenza

Nichi, ma che stai a di'?

"Morte, bellezza, dolore. Le tre parole sono sorelle, stanno in qualche maniera dentro una danza vitale: a me riocordano il Dio che danza la vita, e danzare la vita non è un modo per fuggire dalla inquietudine del pensiero della bellezza, dalla drammaticità (che ci rende fratelli e sorelle) dell'esperienza del dolore e dall'incombenza della morte".

Nichi Vendola: "I dilemmi della speranza: un dialogo", Meridiana Editore, pagina 27

da: www.ilfoglio.it/cerazade

08 gennaio 2011

05 gennaio 2011

Batte la mezzanotte del 31 e ritorna Dan

Per un vecchio disilluso dagli sport marchettari del terzo millennio, la notizia che il proprietario dell'Olimpia Basket Armani ha silurato disastro Bucchi è già un bel godere. Ma nulla al confronto dell'entusiasmo per la scelta del sostituto: Dan Peterson, anni 75, pluridecorato vincitore di scudetti, coppe dei campioni etc. sino a 25 anni fa, quando smise la panchina perché non reggeva lo stress agonistico.
È una trovata pubblicitaria? È circonvenzione di incapace? È una lucida follia che può generare miracoli? Certamente è la rivincita dell'anagrafe e questo mi basta ed avanza. È un tuffo nel mare delle sensazioni forti con il sapore dei trionfi europei. È la speranza che il tempo riprenda a battere sui ritmi che imponeva questo grande piccolo uomo alla sua squadra: ardore, forza fisica, carattere di fuoco ed impegno sino all'ultima stilla di sudore. E poi la magica 1-3-1 con Mordente nelle vesti di Premier ed un uomo vero (da trovare sul mercato) che si metta i baffi di Mike. Forza immarcescibile Dan. Comunque vada io torno sugli spalti a gridare!