Suggerisco agli amici lettori di farsi un giro sul blog Ali e Radici. Fra i tanti argomenti curiosi ed inconsueti, il sito sta sviluppando una galleria degli anglicismi più usati, a proposito e spesso a sproposito, nel mondo del lavoro. È arrivato al 38° capitoletto della guida ragionata e comparata con le alternative italiane.
Una lettura piacevole ed istruttiva, soprattutto per chi come me in qualche consiglio di amministrazione deve subire la violenza dei relatori e del loro gergo anglofono, usato per gabellare professionalità e competenze inesistenti.
Il nostro è un popolo per tradizione provinciale e servile. Abbiamo vissuto molte mode, la spagnola, la francese, un poco la tedesca, ma mai come oggi vi è stato uno sprezzante rifiuto della nostra lingua madre.
Sentivo stamane al giornaleradio un servizio sull'introduzione, come materia di apprendimento nella scuola, dei dialetti. Alcuni illustri somari discettavano sull'inutilità dell'iniziativa e sproloquiavano di cultura europea.
I medesimi non hanno invece mai alzato un sospiro sul violentamento che quotidianamente viene fatto sui media (è latino: si legge come si scrive), nella scuola, nel mondo degli affari, nel mondo del cosiddetto spettacolo, delle nostre tradizioni linguistiche e culturali.
L'importante è essere tutti imbecilmente uguali.
10 agosto 2009
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1 commento:
Sulla mia scrivania d'ufficio ho posizionato tra le varie carte un foglietto ben nascosto (in modo da renderlo invisibile ai curiosi durante la mia assenza) su cui, nei momenti di consapevolezza, annoto tutte le stranezze e gli anglicismi che ritrovo quotidianamente nelle mail di lavoro, sulla intranet aziendale o più semplicemente durante le conversazioni (sia telefoniche che non). C'è già abbastanza materiale per scrivere un'altra quarantina di capitoletti, cosa che non mancherò di fare una volta ientrato dalla Lituania.
La cosa più difficile della facenda, tuttavia, è il fatto (assai sgradevole) che nella maggior parte dei casi noi non siamo davvero consapevoli, siamo invece come ipnotizzati, addormentati, e gli anglicismi, così come le altre tante storture della nostra lingua, ci scivolano accanto con una terribile ileluttabile naturalezza.
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