La vittoria di Atene è stata festeggiata per due giorni con sfilata in pulman scoperto, stile quinta strada, per le vie di una città che di suo non sopporta nemmeno un tram jumbo in panne.
Tutto ha avuto il sapore un po' forzato di una recita a pro dei media e dei teppisti, che hanno approfittato dell'entusiasmo per devastare gli oggetti di addobbo stradale incautamente lasciati lungo il percorso.
A dare ulteriormente pepe a questo mini carnevale carioca ha poi pensato Ambro, esponendo un cartello che in sintesi invitava gli onestoni ad usare lo scudetto come supposta.
La Pravda Rosa ha esecrato, la stampa di sinistra si è sturbata ed ha riempito lenzuolate di stigmatizzazione moraleggiante, il presidente educato ad Oxford ha magnanimamente perdonato non senza lanciare, in caudam, una truce promessa: i miei sgherri non dimenticheranno.
Gattuso, saputolo, ha saggiamente risposto: life is now.
27 maggio 2007
23 maggio 2007
Atene, terra di trionfi!
Maggio, mercoledì 23. Il Milan ha conquistato la sua settima coppa con le orecchie.
Sommando i trofei internazionali, è ora la squadra più titolata nel mondo.
Ha fatto sua la finale con il Liverpool dopo una partita non bella ma tatticamente esemplare, con due stupende perle di Pippo Inzaghi.
Si conclude nel migliore dei modi una stagione agonistica complicata, con più ombre che luci, pesantemente condizionata dalla giustizia federale ispirata dai signori dei telefoni.
Ancelotti ha ottenuto il massimo possibile da un gruppo oggettivamente finito per anagrafe e tenuto a galla dalle meravigliose ispirazioni del giovane fuoriclasse Kaka.
All'allenatore va riconosciuto di avere vinto la scommessa della vittoria nella posta più importante e più improbabile.
La dirigenza ha fatto il possibile per combinare pasticci sin dalla campagna acquisti ed ora si appresta a ripetere nefandezze, anzichè usare il tesoretto della Uefa per acquisti incisivi e decisivi, per rinvigorire un gruppo esausto.
Quelli dell'altra sponda del Naviglio sono sull'orlo di una crisi di nervi e maledicono il loro destino, che non gli permette di godere la vittoria nel campionato degli oratori d'Italia.
Archiviamo una stagione da considerare comunque preziosa e prepariamoci ad un 2008 che i rossoneri giocheranno tutto in chiave internazionale, almeno sino a dicembre (Yokohama).
Per il campionato, poche le speranze di essere protagonisti ma almeno la consolazione che agli indossatori di scudetti altrui penserà la Juve - ben tornata - a turbare i sonni...
Sommando i trofei internazionali, è ora la squadra più titolata nel mondo.
Ha fatto sua la finale con il Liverpool dopo una partita non bella ma tatticamente esemplare, con due stupende perle di Pippo Inzaghi.
Si conclude nel migliore dei modi una stagione agonistica complicata, con più ombre che luci, pesantemente condizionata dalla giustizia federale ispirata dai signori dei telefoni.
Ancelotti ha ottenuto il massimo possibile da un gruppo oggettivamente finito per anagrafe e tenuto a galla dalle meravigliose ispirazioni del giovane fuoriclasse Kaka.
All'allenatore va riconosciuto di avere vinto la scommessa della vittoria nella posta più importante e più improbabile.
La dirigenza ha fatto il possibile per combinare pasticci sin dalla campagna acquisti ed ora si appresta a ripetere nefandezze, anzichè usare il tesoretto della Uefa per acquisti incisivi e decisivi, per rinvigorire un gruppo esausto.
Quelli dell'altra sponda del Naviglio sono sull'orlo di una crisi di nervi e maledicono il loro destino, che non gli permette di godere la vittoria nel campionato degli oratori d'Italia.
Archiviamo una stagione da considerare comunque preziosa e prepariamoci ad un 2008 che i rossoneri giocheranno tutto in chiave internazionale, almeno sino a dicembre (Yokohama).
Per il campionato, poche le speranze di essere protagonisti ma almeno la consolazione che agli indossatori di scudetti altrui penserà la Juve - ben tornata - a turbare i sonni...
20 maggio 2007
Fine di due banche
Per gli strani intrecci del destino oggi finisce la storia societaria di due banche che, per ragioni diverse, hanno significato qualcosa nella storia economica del nostro paese. Capitalia viene incorporata da Unicredit, Banca Popolare di Milano si fonde senza diritti in Banca Popolare dell'Emilia.
Capitalia e le banche in cui si radica (Banca di Roma, Banco di Santo Spirito, Cassa di Risparmio di Roma) sono stati i veicoli privilegiati del potere politico nel quasi cinquantennio di governi democristiani, con ombre preponderanti sulle luci. Spariti gli azionisti di riferimento, hanno cercato inutilmente di rifarsi una verginità politica ma hanno saputo mettere a frutto una collaudata capacità di muoversi nelle stanze del potere. Li ha sopraffatti il nuovo modello dimensionale delle grandi banche e la povertà patrimoniale che si trascinavano dai tempi dell'Iran di Mossadeq. Andranno a stare meglio se si abitueranno ad un clima meno romanocentrico e più aperto al vento dell'Europa.
Anche la Bpm cercava un dimensione che la proponesse ai vertici delle popolari. Alla Bpm cui egualmente facevano difetto i capitali più che le tipicità della governance, si è fatta prendere dall'ansia nubendi ed ha finito per accompagnarsi con una banca della pianura padana rossa, cresciuta dimensionalmente a sportellate sotto il ragno di Fazio che la teneva in amore filiale.
Le ragioni del matrimonio di Capitalia si capiscono, le scelte di Bpm un pò meno specie se i rumors sui contenuti dell’intesa saranno confermati. Ne esce ridimensionata e sostanzialmente gregaria, specie se la nuova aggregazione si chiamerà Banca Popolare delle Regioni.
Bpm nella storia del movimento cooperativo ha scritto pagine importanti, addirittura fondamentali nella storia dell'economia lombarda, innovative e ora adottate da tanti nelle peculiarità della governance per il ruolo dei dipendenti in Assemblea.
Ad un vecchio popolarino questo dissolvimento provoca una tristezza insanabile, ma forse questo è solo l’atto conclusivo di errori ed occasioni mancate negli ultimi decenni.
Però, nella ragione sociale, almeno il glorioso nome di Milano potrebbero salvarlo...
Capitalia e le banche in cui si radica (Banca di Roma, Banco di Santo Spirito, Cassa di Risparmio di Roma) sono stati i veicoli privilegiati del potere politico nel quasi cinquantennio di governi democristiani, con ombre preponderanti sulle luci. Spariti gli azionisti di riferimento, hanno cercato inutilmente di rifarsi una verginità politica ma hanno saputo mettere a frutto una collaudata capacità di muoversi nelle stanze del potere. Li ha sopraffatti il nuovo modello dimensionale delle grandi banche e la povertà patrimoniale che si trascinavano dai tempi dell'Iran di Mossadeq. Andranno a stare meglio se si abitueranno ad un clima meno romanocentrico e più aperto al vento dell'Europa.
Anche la Bpm cercava un dimensione che la proponesse ai vertici delle popolari. Alla Bpm cui egualmente facevano difetto i capitali più che le tipicità della governance, si è fatta prendere dall'ansia nubendi ed ha finito per accompagnarsi con una banca della pianura padana rossa, cresciuta dimensionalmente a sportellate sotto il ragno di Fazio che la teneva in amore filiale.
Le ragioni del matrimonio di Capitalia si capiscono, le scelte di Bpm un pò meno specie se i rumors sui contenuti dell’intesa saranno confermati. Ne esce ridimensionata e sostanzialmente gregaria, specie se la nuova aggregazione si chiamerà Banca Popolare delle Regioni.
Bpm nella storia del movimento cooperativo ha scritto pagine importanti, addirittura fondamentali nella storia dell'economia lombarda, innovative e ora adottate da tanti nelle peculiarità della governance per il ruolo dei dipendenti in Assemblea.
Ad un vecchio popolarino questo dissolvimento provoca una tristezza insanabile, ma forse questo è solo l’atto conclusivo di errori ed occasioni mancate negli ultimi decenni.
Però, nella ragione sociale, almeno il glorioso nome di Milano potrebbero salvarlo...
06 maggio 2007
Cavaliere, pensi solo al Milan!
Sono in calendario elezioni amministrative di più o meno modesto rilievo ed è ricominciato il tormentone della legge ad personam sull'incompatibilità di Berlusconi.
È evidente lo scopo dell'iniziativa: rappattumare la coalizione più derelitta che la storia d'Italia ricordi al governo, sull'unico tema che la unisce: l'odio per il nemico Berlusconi, il desiderio di cancellarlo anche fisicamente dal panorama politico italiano.
E puntualmente è ripresa la litania del Cavaliere, cui piace apparire agnello sacrificale, perché questo accende il sentimento protettivo del suo elettorato, ed anche degli incerti collocati sul crinale dei due schieramenti.
Proseguiremo a bordate per due mesi e poi il disegno di legge, approfittando delle sacre ferie, sarà messo in un cassetto e ripreso per le Europee o per qualche mega ricatto istituzionale che già si profila all'orizzonte.
La demonizzazione dell'avversario è una caratteristica della sinistra europea, come ha ampiamente dimostrato la vecchia bambinona francese alle presidenziali o come diabolicamente riuscì a Zapatero con l'appoggio degli apparati deviati delle istituzioni alle politiche spagnole.
Ma in Italia, questo gioco non dura lo spazio di una competizione dal 1994 e ha tutta l'aria di continuare sino a che natura provvederà.
Nel frattempo, la capacità di progettare politiche di governo, sia da parte della sinistra sia della destra, è scesa sotto i peggiori livelli democristiani ed il paese vive in un limbo senza prospettive, passando dal peggio al peggio senza soluzione di continuità.
Cavaliere, perché non prova a sottrarre il logoro giochino ai suoi avversari scegliendosi un successore degno (va bene anche la Brambilla, purché abbia più cervello della Segolene) e ritirandosi a vita privata, con l'unica incombenza di fare il presidente del Milan?
È evidente lo scopo dell'iniziativa: rappattumare la coalizione più derelitta che la storia d'Italia ricordi al governo, sull'unico tema che la unisce: l'odio per il nemico Berlusconi, il desiderio di cancellarlo anche fisicamente dal panorama politico italiano.
E puntualmente è ripresa la litania del Cavaliere, cui piace apparire agnello sacrificale, perché questo accende il sentimento protettivo del suo elettorato, ed anche degli incerti collocati sul crinale dei due schieramenti.
Proseguiremo a bordate per due mesi e poi il disegno di legge, approfittando delle sacre ferie, sarà messo in un cassetto e ripreso per le Europee o per qualche mega ricatto istituzionale che già si profila all'orizzonte.
La demonizzazione dell'avversario è una caratteristica della sinistra europea, come ha ampiamente dimostrato la vecchia bambinona francese alle presidenziali o come diabolicamente riuscì a Zapatero con l'appoggio degli apparati deviati delle istituzioni alle politiche spagnole.
Ma in Italia, questo gioco non dura lo spazio di una competizione dal 1994 e ha tutta l'aria di continuare sino a che natura provvederà.
Nel frattempo, la capacità di progettare politiche di governo, sia da parte della sinistra sia della destra, è scesa sotto i peggiori livelli democristiani ed il paese vive in un limbo senza prospettive, passando dal peggio al peggio senza soluzione di continuità.
Cavaliere, perché non prova a sottrarre il logoro giochino ai suoi avversari scegliendosi un successore degno (va bene anche la Brambilla, purché abbia più cervello della Segolene) e ritirandosi a vita privata, con l'unica incombenza di fare il presidente del Milan?
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