Recentissime statistiche enunciano che negli ultimi anni, a Milano, si sono perse 1.171 unioni; l'anno scorso i matrimoni sono stati 3.959 contro 2.074 separazioni. Le funzioni civili superano quelle religiose (60,6% contro 39,4% in Chiesa).
Cifre he denunciano senza possibilità di equivoco l'imbarbarimento laicistico della città.
Il germe dell'ateismo e dell'individualismo seminato negli anni '8o dalla cricca Pannella ha prodotto risultati devastanti. L'assenza di valori morali, se non religiosi, ha mercificato il matrimonio a bene di consumo da usare il più rapidamente e meno impegnativamente possibile.
Dice la notissima matrimonialista Annamaria Bernardini De Pace che l'aumento dei divorzi è figlio di una cultura deviata del matrimonio, passato da una meditata scelta per la vita ad una umorale e passionale opzione che non sa reggere la prova dell'esperienza nel quotidiano. Alla domanda perché si arriva a mettere la parola fine ad un matrimonio, l'avvocato risponde: "Perché ci si sposa senza responsabilità e di fronte alle difficoltà si ha paura. Non si è in grado di capire le diversità dell'altro. Non è più come una volta, al primo ostacolo si getta la spugna. Non si può credere che tutto sia sempre bello come i primi tempi. I cambiamenti sono inevitabili".
Diagnosi di modesta consistenza, secondo me. Il matrimonio ha sempre avuto fasi di disillusione, momenti di difficoltà, stimoli di libera uscita, esigenza di rinunce individuali per potere costruire un equilibrio comune. Il problema è il substrato culturale per l'istituto familiare che non esiste più. La formazione in famiglia verso il matrimonio, la codificazione del ruolo dell'uno parte del due, la predisposizione al sacrificio, il clima religioso che rendeva il contratto matrimoniale un patto sacro fra gli attori e verso la società.
Per i giovani cresciuti spesso in famiglie sessantottine, tutti questi sono stati assimilati come disvalori da rifiutare aprioristicamente. Se la società non tornerà con umiltà ai valori della tradizione, presto vi saranno solo unioni variabili, sessualmente inidentificabili.
Quali i risultati di medio periodo?
Un mondo di disperati, senza ideali, senza emozioni, schiavo di esaltazioni artificiali.
Questo scenario post-moderno alienato sarà il terreno di coltura delle religioni semplici e violente come l'Islam, che proprio nella famiglia riconosce un caposaldo di unità e di proselitismo.
Forse sono troppo vecchio per accettare questo nuovo, ma vorrei che qualcuno mi dicesse dove sbaglio.
11 dicembre 2008
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1 commento:
Raramente mi è capitato di essere in disaccordo con un post pubblicato su questo blog; in questo caso il disallineamento è totale, se possibile anche di più.
Si citano laicismo, ateismo e individualismo. Il primo è una delle cose che ritengo più insopportabili: il laico mi è sempre sembrato una versione edulcorata dell'ateo, una sorta di "vorrei ma non posso", uno che ammette la religione in certi contesti (per esempio la sfera privata) ma che ritiene di escluderla in tutti gli altri (politica, istituzioni, ...).
L'ateismo mi sembra invece, banalmente, la vera normalità della vita, se non altro da Galileo in avanti. Essere "senza Dio" è infatti l'unica cosa possibile dato che nessun Dio è mai esistito, né mai esisterà. Sembra perfino banale doverlo ricordare ogni volta. Dio è una bella invenzione umana, nata per soddisfare un'esigenza di tipo antropologico dei nostri antenati, ma non si va oltre. D'altra parte se Dio esistesse dovrebbe pur manifestarsi, e ciò che si manifesta o è spiegabile scientificamente oppure è un fenomeno paranormale. Ma organizzazioni come il CICAP, che mettono in palio premi con cifre astronomiche, da quando sono state fondate non hanno rilevato un solo caso di fenomeno paranormale.
L'individualismo invece è un'altra cosa, di sicuro tipica dell'uomo, che nella sua istintività è ancora animale, ma è anche una caratteristica che dipende molto dal contesto e da tanti fattori, tanto che l'uomo può facilmente esibire caratteristiche opposte di altruismo. Legare l'individualismo all'ateismo non credo sia corretto.
Parlando di matrimonio posso dire che è anch'esso un'invenzione. L'homo sapiens sapiens, unica sottospecie non estinta dell'homo sapiens esiste da almeno 130 mila anni e di certo il matrimonio a quell'epoca non c'era. Lo abbiamo inventato noi una manciata di millenni fa e francamente lo ritengo del tutto inutile. Se si crede nell'unione di un uomo e una donna basta perseguirla ogni giorno, giorno dopo giorno, nei fatti e non nelle parole (senza il bisogno di un notaio vestito da prete o da sindaco a suggellare il protocollo). Se non ci si crede fa lo stesso, basta aver chiaro quel che si vuole. Le abitudini monogamiche sono, tra l'altro, una vera e propria eccezione nel mondo animale di cui anche noi facciamo ovviamente parte. L'importante è definire un progetto e perseguirlo. Per quanto strano possa sembrare c'è sicuramente qualcosa di simile in natura. Non ci vedo nulla di male, anzi i concetti di Bene e Male sono proprio il lascito peggiore delle religioni monoteiste in cui siamo cresciuti. L'unico criterio guida dovrebbe essere la biologia, che per esempio dovrebbe escludere la possibilità di avere coppie omosessuali con figli.
I matrimoni e i divorzi dell'epoca attuale invece, a mio parere, non c'entrano nulla con l'ateismo, cosa serissima, ma sono inquadrabili come orribile (ma prevedibile) sottoprodotto del primato dell'economia sull'uomo. Da qui ha tratto origine la mercificazione di ogni aspetto della nostra vita, sentimenti ed emozioni comprese. Il ritorno alla nostra dimensione originale, al legame con le piccole cose, con la nostra Terra, con la Natura, passa inequivocabilmente da un forte ridimensionamento dei valori economici in cui siamo completamente immersi, zuppi fradici, ormai ubriachi.
Recuperare il legame con Madre Natura significa prima di tutto abbandonare l'idea malsana e tutta cristiana della supremazia dell'uomo sul resto del mondo animale e vegetale e recuperare parimenti l'idea pagana di uomo al pari con ciò che lo circonda. Noi Europei siamo stati questo per migliaia di anni, siamo stati pagani (e i pagani di una volta non sono altro che gli ambientalisti di oggi), poi abbiamo deciso di importare il Cristianesimo dall'Asia minore che però non era consono alle nostre tradizioni e al nostro modo di vivere in armonia con la Natura.
Anch'io mi auguro un graduale recupero delle tradizioni, dei valori, delle cose che restano. Penso però che la soluzione non sia nel riappropriarsi della religione (per me uno dei mali peggiori di sempre, una pericolosissima ideologia ammantata di apparente innocenza) ma dall'abbandono dal gioco economico. L'esaltazione del consumo, quindi lo spregio per le cose solide e che durano nel tempo, è secondo me il vero male moderno. La vera felicità è saper vivere di poco, sapersi accontentare, sentirsi parte del Tutto.
Nautilus
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