Week-end a Londra. Per vedere calcio su un campo della Premier League. Per noi orfani della Serie A delle 7 sorelle, ormai appiattita sul calcio muscolare e senza fantasia dell'Inter, Londra o Liverpool restano un'attrazione non solo calcistica ma anche turistico-culinaria.
Questa volta si vola per West Ham - Liverpool. Anche per la curiosità di vedere Diamanti calato nel calcio inglese e constatare come se la cava Zola, che lo scorso anno sfiorò la Uefa subentrando in panchina a metà campionato.
Detto della partita, che ha confermato l'eterna regola che in Premier chi ha più classe vince quasi sempre, anche se in extremis come il Liverpool sabato, vale la pena di raccontare la mia piccola avventura pre-partita.
Per lavori sulla linea metropolitana ci ritroviamo, io e mio figlio, scaricati a Whitechapel, East London, limite estremo della cosidetta Zona 1, a trenta minuti dallo stadio del West Ham.
Usciamo dalla stazione alla ricerca di un taxi e ci ritroviamo immersi in un'atmosfera allucinante. Scivolati indietro di cent'anni, in una città arabo-africana, sudicia, pullulante di un'umanità vestita nelle più diverse foggie del quarto mondo, femmine in burqa, velate, torme di bambini, bancarelle che espongono miserevoli articoli, negozi puzzolenti che vendono alimenti sconosciuti.
La prima preoccupazione è perdersi, la seconda è come farsi capire nella ricerca del taxi. Dopo tre tentativi andati a vuoto, mio figlio si butta sugli asiatici, che nella scala dell'evoluzione consumistica stanno un gradino sopra, e finalmente stabiliamo che qui i taxi sono macchine private e che il nostro uomo è un pakistano, che per una ragionevole cifra ci acccompagnerà alla meta.
Intanto è l'ora della preghiera e l'atmosfera viene invasa dalle nenie del muezzin, che invita al culto fra la sovrana indifferenza (la stessa colta al Cairo, per la verità) dell'umanità nera impegnata nella movida del sabato sera.
Vista la partita, alla sera torniamo nella quiete elegante del quartiere di Belgrave, ove si trova il nostro albergo.
Domenica la dedicheremo alla visita della Londra imperiale, sontuosa, pulita, fatta di stupendi parchi, quartieri eleganti e silenziosi, scorreremo fra i monumenti della storia ove tutta la popolazione multietnica del mondo si ritrova a giocare al turista. Ma la sensazione che questa Londra centrale sia in fondo un ghetto per bianchi ricchi è forte, mentre all'intorno milioni di diseredati circondano la cittadella in attesa di conquistarla, deturparla, ridurla ad immondizia, abbattere gli antichi palazzi e costruire moschee e minareti.
Presto, molto presto.
21 settembre 2009
11 settembre 2009
Se ne è andato il re del quiz televisivo
Se ne è andato il vecchio Mike Bongiorno. Quietamente, infartato in una camera d'albergo a Montecarlo.
È stato il protagonista di tante stagioni televisive. Un caposcuola del quiz, dello spot pubblicitario. Si era conquistato una credibilità popolare che gli anni non hanno minimamente scalfito, travalicando i gusti di tante generazioni.
Non ha giocato sulla brillantezza dell'eloquio o sulla simpatia personale. Tutte doti destinate al logoramento del tempo. È stato sempre e solo un tenace professionista che traspirava serietà e convinzione in quello che faceva. Ha sempre avuto il massimo rispetto verso se stesso ed il pubblico che serviva.
Un unicum molto anglosassone, qual'era la sua formazione professionale.
In morte è ora beatificato anche da coloro che lo vedevano come l'emblema della televisione cialtrona e commerciale. Tutto molto italiano, ostentato e falso. Anche patetico come la mostrina di eroe antifascista che inopinatamente il presidente della repubblica gli ha voluto dedicare.
Caro Mike, che le zolle ti siano lievi ed il senso dell'ironia che non hai mai avuto ti aiuti a sopportare il teatrino italico che si è consumato intorno alle tue spoglie.
È stato il protagonista di tante stagioni televisive. Un caposcuola del quiz, dello spot pubblicitario. Si era conquistato una credibilità popolare che gli anni non hanno minimamente scalfito, travalicando i gusti di tante generazioni.
Non ha giocato sulla brillantezza dell'eloquio o sulla simpatia personale. Tutte doti destinate al logoramento del tempo. È stato sempre e solo un tenace professionista che traspirava serietà e convinzione in quello che faceva. Ha sempre avuto il massimo rispetto verso se stesso ed il pubblico che serviva.
Un unicum molto anglosassone, qual'era la sua formazione professionale.
In morte è ora beatificato anche da coloro che lo vedevano come l'emblema della televisione cialtrona e commerciale. Tutto molto italiano, ostentato e falso. Anche patetico come la mostrina di eroe antifascista che inopinatamente il presidente della repubblica gli ha voluto dedicare.
Caro Mike, che le zolle ti siano lievi ed il senso dell'ironia che non hai mai avuto ti aiuti a sopportare il teatrino italico che si è consumato intorno alle tue spoglie.
07 settembre 2009
Non è una guerra di religione
Merita una meditazione il trambusto suscitato dal caso Boffo. E non tanto la vicenda in sè, che ricorda le farsesche trame di un film anni '60 di Alberto Sordi titolato "Il moralista"(se si pone attenzione lo si può rivedere su Sky cinema Italia) quanto per la scientifica mistificazione politico-mediatica che si è montata intorno ad esso.
Non di libertà di religione si è trattato, che per fortuna è garantita da tutti gli ordinamenti statali dopo la notte bolscevica, ma di un formidabile scontro di poteri.
Negli ultimi tre mesi, la corazzata dei republicones ha suggerito una nuova strategia antiberlusconiana: guardare sotto le coperte cogliendo un lato debolissimo del premier, che ovviamente ha avuto scarsi elementi difensivi se non il sempre efficace dirottamento sull'aggressione politica. In questo gli ha dato una mano il goffo accodamento di una dirigenza Pd sempre più incapace di fare politica antagonista.
Questo equilibrio si è rotto quando al fronte radical-chic si è aggiunto il giornale dei Vescovi, che ha colto l'opportunità per rilasciare patentini di moralismo alla Franceschini.
Qui è scattata la reazione affidata alla sagace penna di Vittorio Feltri, tornato alla guida del Giornale proprio per ridare spessore al quotidiano referente di Berlusconi.
E da quel momento lo scontro si è delineato nella sua sostanza. Da una parte la Cei, formidabile bastione di potere politico-economico (l'8 per mille), la sinistra mediatica (cioè tutti i più importanti quotidiani borghesi), il solito Pd alla ricerca di sponde tattiche, e di là il potere berlusconiano. In mezzo il Vaticano a fare difese d'ufficio, ma anche ad approfittare di una ghiotta occasione per ridisegnare gli equilibri del potere curiale.
Niente religione, morale, scelte di campo, tutte cose da lasciare agli umori dei parroci sui pulpiti domenicali. Solo riposizionamento in previsione del post-berlusconismo che, nonostante la convinzione d'immortalità dell'interessato, è molto vicino ed abbastanza indecifrabile.
La sensazione che anche questa volta la politica sia stata preceduta dai disegni strategici dei poteri mediatico-ecclesiali e che se qualcuno ne è uscito meno peggio è ancora il Pdl, giusto perché può contare sulle sette vite del vecchio Berlusconi.
Non di libertà di religione si è trattato, che per fortuna è garantita da tutti gli ordinamenti statali dopo la notte bolscevica, ma di un formidabile scontro di poteri.
Negli ultimi tre mesi, la corazzata dei republicones ha suggerito una nuova strategia antiberlusconiana: guardare sotto le coperte cogliendo un lato debolissimo del premier, che ovviamente ha avuto scarsi elementi difensivi se non il sempre efficace dirottamento sull'aggressione politica. In questo gli ha dato una mano il goffo accodamento di una dirigenza Pd sempre più incapace di fare politica antagonista.
Questo equilibrio si è rotto quando al fronte radical-chic si è aggiunto il giornale dei Vescovi, che ha colto l'opportunità per rilasciare patentini di moralismo alla Franceschini.
Qui è scattata la reazione affidata alla sagace penna di Vittorio Feltri, tornato alla guida del Giornale proprio per ridare spessore al quotidiano referente di Berlusconi.
E da quel momento lo scontro si è delineato nella sua sostanza. Da una parte la Cei, formidabile bastione di potere politico-economico (l'8 per mille), la sinistra mediatica (cioè tutti i più importanti quotidiani borghesi), il solito Pd alla ricerca di sponde tattiche, e di là il potere berlusconiano. In mezzo il Vaticano a fare difese d'ufficio, ma anche ad approfittare di una ghiotta occasione per ridisegnare gli equilibri del potere curiale.
Niente religione, morale, scelte di campo, tutte cose da lasciare agli umori dei parroci sui pulpiti domenicali. Solo riposizionamento in previsione del post-berlusconismo che, nonostante la convinzione d'immortalità dell'interessato, è molto vicino ed abbastanza indecifrabile.
La sensazione che anche questa volta la politica sia stata preceduta dai disegni strategici dei poteri mediatico-ecclesiali e che se qualcuno ne è uscito meno peggio è ancora il Pdl, giusto perché può contare sulle sette vite del vecchio Berlusconi.
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