24 gennaio 2010

Genova per noi...

Mercoledì scorso, una gita a Genova con i simpatici amici pensionati della Bpm.
Sembra incredibile che una meta abituale per un milanese come Genova possa riservare sorprese impensate, se la visita è sapientemente organizzata a temi.
Innanzitutto l'Acquario, uno dei più dotati di esemplari del mondo. Sarà che invecchiando si torna bambini ma quelle vasche fantastiche in cui scivolano, silenziosi, pesci di ogni oceano suscitano meraviglia ed entusiasmo.
Frammischiati alle scolaresche, ci siamo goduti i multicolori pescini tropicali, i piranha (scoprendo che singolarmente non sono quei killer raccontati dalla vulgata giornalistica... ma viaggiano sempre in branco di centinaia!), gli squali e quei tontoloni (così mi appaiono) dei delfini e tanto altro ancora, anche i branzini della vicina costa di Levante.
Dopo un pranzo memorabile, via al tour per il quartiere di Albaro e poi il centro storico a piedi con i magnifici palazzi patrizi, il palazzo Doria, le fontane ed il duomo, un gioiello di arte tardo medioevale.
Genova ha saputo utilizzare al meglio i fondi del drammatico G8 del 2001 e delle Colombiadi per ridare lustro e vitalità al centro antico (dice niente Letizia Moratti?) e smentire quella nomea di città irrimediabilmente decadente che si era accompagnata alla crisi industriale e portuale.
Dei tempi peggiori restano le orribili periferie pedemontane e quello scempio urbanistico della sopraelevata che dicono, però, prossima al pensionamento.

2 commenti:

banzai43 ha detto...

Ciao Danielone, "Your next job, certainly, we'll be as Lonely Planet freelance worker".

Così parlò "banzai43".

PS: Vedo che "I nodi dell'anima" sono fra i Tuoi link amici. Ma il provider che hai impostato non è il migliore.

Cambia il link con quest'altro indirizzo del blog (il provider è diverso):

http://banzai43.wordpress.com

New address is better (...e vai con l'inglese).

Bye, bye

banzai43

TheSteve ha detto...

Mi candido anch'io per un posto a Lonely Planet... Non conosco Genova, ma conosco Torino. Centotrenta chilometri, poco più di un'ora d'auto da Milano: non è il Tirolo o la Val d'Aosta e nemmeno Trieste. Sono i nostri vicini di casa più prossimi. Il centro storico di Torino è un salotto accogliente, ordinato e illuminato con gusto scenografico. Le pareti dei monumenti e dei palazzi non sono imbrattate metro per metro dai cosiddetti graffiti, muri e marciapiedi non sono punteggiati e intarsiati di sterco e rigoli di urine, l'asfalto delle strade non è devastato dalle intemperie. Gli automobilisti cedono diligentemente il passo ai pedoni, almeno sugli attraversamenti pedonali, nei locali pubblici l'accoglienza è ovunque cortese, il servizio è sempre premuroso. Scusi, prego e grazie sono ancora vocaboli di uso comune, anche per strada. Passeggiare nel centro di Torino, entrare in un caffè storico, visitare un museo, dà sollievo quanto prendere una boccata d'ossigeno. Il ritorno nella giungla oscena della Grande Milano è una morsa che stringe lo stomaco e prende alla gola. La nostra città è senza ombra di dubbio solo "la capitale morale" della maleducazione civica, in tutte le sue possibili declinazioni. Torino ha avuto l'immigrazione, tutte le immigrazioni, come e più di Milano. Eppure non ha perso mai la propria identità culturale. Torino ha avuto anche le Olimpiadi invernali nel 2006, e ha investito massicciamente nel settore pubblico ridisegnando la fisionomia grigia non solo del suo centro storico. Lezioni di storia moderna su cui, da Milanesi, varrebbe la pena riflettere. Non sono certo che Milano abbia ancora una chance di salvarsi dalla decadenza inarrestabile cui assistiamo da almeno vent'anni, ma ho la sensazione che Expo 2015 sarà l'ultima chiamata per la sopravvivenza della civiltà (o di quel poco che ne rimane).