18 gennaio 2010

Non me li merito

di Davide Giacalone
(apparso in origine su www.davidegiacalone.it il 12/12/2009)

Nella nostra politica non c'è più né destra, né sinistra. C'è un'aggregazione d'interessi attorno alla speranza che si possa superare Berlusconi, senza essere costretti a batterlo. E c'è un coagulo d'interessi attorno a Berlusconi, che essendo invitto non intende farsi seppellire. Attorno alla scena s'agitano le tifoserie, sempre più incattivite verso la curva avversaria, ma sempre più disinteressate a un gioco ripetitivo e privo d'azione.

Per liberarsi di Berlusconi, senza essere riusciti a prendere più voti di lui, non basta sperare nei tribunali. È una tattica vecchia, dimostratasi largamente perdente. Ha sbrindellato l'Italia, complice il ripetuto tentativo di neutralizzarla in Parlamento, ma non ha conseguito lo scopo. La trappola, semmai, hanno in mente farla scattare subito dopo le regionali, quando si aprirà un periodo lungo, per le abitudini nazionali, senza elezioni. A quel punto il governo dovrà vedersela sia con una crisi difficile che con un Parlamento sbandato. I parlamentari sanno di essere dei nominati, e non degli eletti, sicché sono più intenti a capire chi potrà rinominarli che a lavorare per essere rieletti. Pertanto, dopo le regionali, Berlusconi sarà elettoralmente più forte e politicamente più debole.

Quest'ultimo, per evitare d'essere rosolato allo spiedo, sputa benzina sul fuoco e dirige le fiamme verso quanti s'apprestano anzitempo al banchetto. Non reagisce come sarebbe più politicamente opportuno, ad esempio ponendo il tema della separazione delle carriere, per i magistrati, e chiamando al voto immediato. Della serie: chi ci sta ci sta, e chi non ci sta peste lo colga. No, preferisce roteare la durlindana e notificare agli astanti che il sistema della seconda repubblica lui lo ha forgiato e lui è in grado di distruggerlo.

Così, siamo finiti tutti in uno di quei film che raccontano l'incubo delle giornate che ricominciano sempre uguali, come se non fossero già state vissute. Oggi le elezioni anticipate sono una soluzione, ma più per lo stallo in cui si è finiti che quale presupposto di un governo governante. Convengono ai maggiori protagonisti e non convengono ai comprimari e alle mosche cocchiere. Nel mentre le istituzioni sono ferme, vetrificate, e il Paese viene marinato in una pozza ingloriosa, dove tocca ascoltare anche l'opinione di gente che, al contrario, dovrebbe essere tumulata in galera.

Continuare il gioco non ha senso, ma interromperlo e farlo saltare significa solo riprenderlo dopo le urne, probabilmente eguale a quello di prima. Se ne dovrebbe uscire usando la politica, se esistesse. Se ci fosse in giro gente assennata, sentiremmo parlare di riforme costituzionali ed elettorali. Invece c'è solo gente aggrappata a Berlusconi, o gente aggrappata alla speranza che sparisca. Se esistesse una classe dirigente, avrebbe chiare due cose: la prima è che il suo ciclo politico volge al termine, la seconda è che la peggiore disgrazia, per l'Italia, sarebbe concluderlo con un colpo di palazzo, sia esso di giustizia o meno.

Chi ha senso delle istituzioni, e dello Stato, dovrebbe capirlo. Per questo m'infastidiscono i luogocomunismi falsocoscienziosi. Quelli che ti dicono: in nessun Paese al mondo un capo di governo fugge dal processo. Già, ma in nessun Paese si cerca di processarlo ogni giorno. Oppure: ha attaccato la corte costituzionale, demolendo le istituzioni. Ma quella corte non è solo politicizzata, è anche, largamente, dequalificata. Non prendiamoci in giro, ma lo avete visto come eleggono i presidenti? O, ancora: ha parlato a Bonn svergognando l'Italia all'estero. Roba da matti: abbiamo mondato in mondovisione un assassino che diceva d'avere agito su mandato di Berlusconi e sarebbe deplorevole che il presunto mandante si dica calunniato? Fanno tutti gli scandalizzati, ma sono scandalosi, perché credono che cancellato Berlusconi il Paese sia riconsegnato loro senza più il fastidio di quel branco fastidioso che chiamano elettorato. Si credono vestali della democrazia, ma sono i primi a volerne tradire le radici.

È sempre la stessa scena, da troppi anni. Basta. Io lo so che il cosiddetto processo breve è una boiata. E lo so che l'Associazione Nazionale Magistrati non è un'accolita di fini giuristi, ma di grossolani corporativi. Lo so che gli uni meritano gli altri. Sono io, però, che non me li merito.

dal blog Ali e Radici



Giacalone è un vecchio rappresentante di quel miracolo di cultura politica e pulizia morale che fu il PRI di La Malfa.
Esprime tesi ed umori in larga parte condivisibili.
Il processo di avvicendamento di Berlusconi sarà lungo e faticoso. Sarebbe importante ed utile che alla fine del guado non ci ritrovassimo con le gerarchie massoniche ed azioniste ad inscenare il vecchio teatrino dei democratici progressisti alleati con i poteri più oscuri del potere economico nazionale.

1 commento:

banzai43 ha detto...

Buona la scelta di Ali e Radici.
Concordo con il testo di Giacalone. In particolare quando dice che "I parlamentari sanno di essere dei nominati, e non degli eletti, sicché sono più intenti a capire chi potrà rinominarli che a lavorare per essere rieletti".

Povera Italia, come già l'ho definita in passato.

Italia come un bosco con marcescenze avanzanti e lupi famelici in agguato costante.

Povera contrada, povero Stivale che appare sempre più difficilmente risuolabile.

A Te, Danielone, un abbraccio fraterno.

banzai43