Sono tornato. Otto giorni di crociera nel Golfo Persico e di Oman per toccare con mano le civiltà arabe proiettate nel futuro.
Beneficiati dalle enormi riserve di greggio, questi stati desertici hanno saputo coniugare fortuna ed acume imprenditoriale trasformando paesaggi lunari in avveniristiche metropoli, dotate di infrastrutture inimmaginabili per la nostra stanca mentalità europea.
Selve di grattacieli, gioielli architettonici, torri alte centinaia di metri, intrico di autostrade urbane sovrapposte le une alle altre. Questa è soprattutto Dubai, la più spettacolare invenzione urbanistica dell'ultimo trentennio.
Riferire sensazioni è difficile. Stupore, come la prima volta che arrivi nella Grande Mela, ma anche ammirazione per tanta ingegnosità e creatività dell'uomo.
All'intorno di queste megalopoli del terzo millennio, l'eterno, immenso deserto, la radice di questi popoli e forse il loro destino finale.
Sono questi paesi musulmani, ma senza apparenti forzature integraliste. L'immigrazione, che il benessere economico ha mosso (l'87% della popolazione), ha profondamente modificato i costumi e indotto le autorità ad acconsentire la pratica religiosa anche ad altre fedi che hanno potuto erigere loro templi, sebbene al di fuori dei centri storici.
Lo stile multietnico si avverte ovunque, nei centri commerciali di stile occidentale, nell'offerta gastronomica, nella presenza importante delle più famose griffe del lusso, nei profili delle cento razze che qui convivono in pace.
In questa grande fiera campionaria del mondo, i locali passano quasi inosservati con le loro vetture, i loro natanti, impaludati come quando la tenda era il loro ricovero e l'imam la loro unica guida esistenziale, fedeli alle tradizioni, l'ancora di salvezza di ogni popolo.
Questo ho colto in pochi giorni con la netta sensazione di avere, per un attimo, respirato l'aria dei nuovi padroni del mondo.
L'esperienza della crociera non mi ha invece totalmente convinto. Si vive e ci si muove su queste città galleggianti, piccoli capolavori di ingegneria e di logistica, ma la sensazione, dopo poche ore di permanenza, è di essere parte di un ben diretto formicaio, le cui regole sono ferreamente stabilite dalla pianificata organizzazione.
In fondo, e proprio per questo, il più bel ricordo è il safari nel deserto ove, se ti sposti di cento metri dalla carovana, sei solo nell'immenso a parlare con la natura e con Dio.
02 gennaio 2010
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1 commento:
Bentornato Danielone.
Conosco la sensazione dell'immensità e della solitudine che si prova nel deserto quando, timidamente, Ti allontani dagli altri pur di pochi passi e spingi lo sguardo alla vastità dell'orizzonte. Robba da brivido.
Ma non risiederanno li, a mio avviso, i prossimi padroni del mondo, ma in Cina uguale e, al contempo, diversa da quella sino ad ora conosciuta.
Argomento per prossime dissertazioni.
Per ora ben tornato (un'altra volta). Ti aspetto.
banzai43
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