Unicredit ieri ha vissuto un altra seduta all'insegna della volatilità, complice l'intonazione positiva dei mercati dopo l'ok del Senato americano al piano di salvataggio dei mercati finanziari prima e la loro flessione conseguente ai deludenti macroecconomici americani.
Nonostante l'agenzia Fitch abbia abbassato le prospettive sul rating di lungo termine della banca (rimasto invariato ad A+) da positivo a negativo definendo «molto stretta» la capitalizzazione della società, il sentiment borsistico sul titolo della banca guidata da Alessandro Profumo sembra essere mutato rispetto ai giorni scorsi. Dal pessimismo cupo si è passati a un ottimismo molto cauto. Il primo che ha cercato di rasserenare gli animi è stato il Governatore di Bankitalia Mario Draghi che ha rassicurato sulla solidità delle banche italiane, rassicurazione che verosimilmente non avrebbe potuto dare se Unicredit fosse stata in serie difficoltà.
A gettare acqua sul fuoco della speculazione ha provveduto la Consob che l'altroieri, invero un po' tardivamente, ha ulteriormente stretto la possibilità di vendere allo scoperto sui titoli finanziari, disinnescando di fatto la speculazione su Unicredit. Una volta sedata la follia dello short selling sul titolo, il mercato ha potuto tornare a concentrarsi nuovamente sui fondamentali ella società. E i numeri, secondo la maggior parte degli analisti, dicono che le quotazioni di Unicredit incorporano uno scenario da «Armageddon». In pratica le attuali quotazioni del titolo sarebbero giustificate se lo scenario economico mondiale fosse molto più compromesso di quello attuale. Dopo l'intervista di Profumo al Tg1, in cui l'a.d. ha confermato che la propria banca è sana e ha ribadito la smentita delle indiscrezioni sulla sua possibili dimissioni, ieri Unicredit ha segnato un segnale di fiducia molto importante al mercato annunciando il lancio di un'emissione obbligazionaria a due anni e tre mesi, composta da una tranche a tasso fisso e da una a tasso variabile, destinata al pubblico indistinto.
Rivolgersi al mercato retail in questo momento per chiedere liquidità non è da tutti. Segno che gli uomini di Profumo sono convinti di riuscire a vendere i titoli. E le prime indiscrezioni sull'andamento del collocamento, che avrebbe registrato prenotazioni per circa il 30% del totale dell'emissione nelle prime ore dal lancio sembrerebbero dare loro ragione. Insieme alla speculazioni sono scemate le indiscrezioni su possibili offerte da parte di banche estere e italiane per rilevare Unicredit. La più suggestiva di quelle circolate nei giorni scorsi voleva un interessamento congiunto di Santander e Intesa Sanpaolo per la banca guidata da Alessandro Profumo. Al di là delle possibili suggestioni, appare abbastanza difficile allo stato che Unicredit possa divenire una preda. In primo luogo perché forte dei suoi 37 miliardi circa di capitalizzazione è un boccone troppo grosso, anche per banche ben capitalizzate, in questa fase di mercato. Al di là delle rassicurazioni del presidemte del Consiglio, inoltre, appare abbastanza improbabile che Bankitalia possa dare il via libera a un take over ostile di Unicredit, che incontrerebbe anche la contrarietà della Bundesbank tedesca, visto che la Germania è il secondo mercato domestico di Unicredit dopo l'acquisizione di Hvb. Quindi qualora mai dovesse essere necessario un salvataggio di Unicredit, e oggi certo non ve ne sono i presupposti, questo arriverebbe dall'Italia o dalla Germania. Più di un osservatore fa notare che se Draghi volesse potrebbe mettere in sicurezza Unicredit favorendo o rilanciando il progetto di integrazione con la Popolare di Milano.
L'eventualità di un merger fra le due realtà era stato studiato prima che Unicredit decidesse la fusione con Capitalia e la Bpm tentasse l'integrazione, poi fallita, con la Popolare Emilia Romagna. Da allora il dossier non è stato più ripreso in mano né risulta che nessuna delle due banche lo stia studiando. Nonostante da allora sia variato il perimetro di Unicredit l'operazione sarebbe ancora razionale da un punto di vista industriale. Le sovrapposizioni territoriali sarebbero minime e l'Opa lanciata recentemente da Bpm su Anima consentirebbe alla banca guidata da Roberto Mazzotta di portare in dote una massa critica interessante nell'asset management che andrebbe a risolvere i problemi dimensionali di Pioneer. Inoltre Bpm è molto liquida e quindi il matrimonio archivierebbe anche ogni timore residuo sui coefficienti patrimoniali di Unicredit.
Il matrimonio con Unicredit risolverebbe poi, una volta per sempre, i problemi di governance della popolare milanese caratterizzata da uno strapotere dei dipendenti soci che Draghi ha dimostrato di non gradire affatto.
da Il Tempo, del 3 ottobre 2008
1 commento:
interessante sapere che la Bpm con la sua governance mal digerita potrebbe salvare la più grande banca italiana!
e quali sono i sindacati maggiormente presenti in Unicredit? e conviene all'attuale struttura sindacale BPM? e quale è la posizione dei pensionati?
La verità vera è che chi persegue la costruzione del valore va avanti con fatica e sudore ma va avanti, chi "crea" valore nel tempo fa sempre casino
Speriamo di non dover strapagare i casini creati dai creatori di valore oltre quanto abbiamo già pagato
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