Si allunga paurosamente la fila di quelli che mi guardano dall'altra parte, coetanei o quasi.
Ieri se ne è andato Fausto Gardini, uno dei miti della mia gioventù, eroe del tennis in bianco e nero, non ancora professionistico. Quelli che ne capiscono, io no, scrivevano che aveva uno stile sgangherato, l'esatto contrario del principe Pietrangeli, tutto perfezione di geometrie e genialità.
Lui era un combattente iroso, capace di annullare al suo storico rivale italiano 8 punti decisivi e poi andare a vincersi al quinto set un campionato d'Italia.
Lo vidi dal vivo a Firenze in una Davis Italia-Russia, sentii le sue grida belluine mentre recuperava palle che solo l'atletismo dei Nadal di oggi possono consentire.
Era brutto, sgraziato, ma un guerriero come non se ne sono visti più nel tennis italiano. Dopo pochi minuti portava al parossismo il pubblico di casa, all'isteria quello avversario, meglio se era quello del centrale di Roma.
Ha lasciato il tennis una vita fa, senza chiedere medagliette federali come hanno fatto tutti gli altri, fuoriclasse e mediocri, da Pietrangeli in poi.
Di atleti come lui si è perso lo stampo, dicevano i miei vecchi.
Lievi ti siano le zolle, Fausto!
19 settembre 2008
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