01 dicembre 2010

Un sogno chiamato Barça

Tecnica, radici e calcio totale: l'utopia realizzata

La partita perfetta del Barça al Camp Nou è l'utopia realizzata, il calcio totale del terzo millennio capace di concretizzare l'antico sogno del club: fondere l'anima e la tecnica catalana con il pensiero calcistico olandese che dagli Anni '70 (con Rinus Michels e Joahn Cruyff) ha permeato la storia blaugrana. Alla disintegrazione del Real Madrid hanno partecipato - davanti al mondo intero, fra cui 1 milione e 320 mila persone sintonizzate con Sky - ben 8 canterani (diventati 10 con l'ingresso di Bojan e Jeffren), gente del famoso vivaio de La Masia, esemplari di calciatori tutti con caratteristiche ben precise e riprodotte in serie: tecnica di base sopraffina, creatività e «catalanità». Un imprinting fortissimo che, oltre a un generale risparmio (la rosa del Barça è costata 157 milioni, quella del Real 477), determina una memoria genetica di gioco e un senso di appartenenza unici. «Ai miei grandi catalani parlavo dell'orgoglio di giocare per il loro popolo, agli stranieri parlavo di soldi...», raccontò il furbo Helenio Herrera ricordando il proprio periodo al Camp Nou dal 1958 al 1960. Retorica, forse, ma la grinta con cui il Barça, guidato dall'icona e capitano Puyol, pressa e sa difendere (particolare sempre decisivo per costruire le grandi squadre) e la ferocia con cui ha infierito sul Real con il quinto gol al 91', oltre che alla storica rivalità e alle provocazioni di Mourinho, ha probabilmente a che fare anche con questo. A La Masia, non a caso nata su suggerimento di Cruyff nel '79 all'allora presidente Nuñez sull'esempio dell'Ajax, l'hardware domestico si integra con il software olandese, che prevede un modulo base (4-3-3) e la versatilità dei giocatori, chiamati a svolgere diverse funzioni, cambiare posizione, insomma «fare tutto» nel miglior modo possibile. Esemplari sono gli scambi di posizione fra Pedro e Messi e il movimento - mai a vuoto e senza sprechi di energie - di Xavi e Iniesta, protetti nel loro lavoro creativo da Busquets, fondamentale uomo-sponda che offre sempre una linea di passaggio per il tiki-taka veloce come un flipper. Tra le mille sfumature di questa filosofia, la più interessante è l'assenza di un attaccante sfondatore. Da La Masia, mediamente, escono grandissimi centrocampisti, difensori solidi, bravi portieri, ma non bomber tradizionali. Non a caso, nella storia recente del club, i grandi realizzatori sono stati importati: Lineker, Stoichkov, Romario, Ronaldo, Eto'o, Ibrahimovic. E non a caso Guardiola si è liberato senza problemi degli ultimi due, estremizzando il principio supremo del football all'olandese. «Il calcio totale è ricostruire ogni volta l'architettura spaziale del campo, creare spazio ed entrarci», diceva Barry Hulshoff, difensore del grande Ajax degli Anni '70. È quello che fa il Barça, ridisegnando il campo in tante ristrette zone per «torelli» con l'avversario e creando azioni-gol lavorate ai limiti del manierismo. Tutto ciò, per essere inaffrontabile come con il Real, presuppone uno stato di grazia collettivo. Se non c'è - poiché l'ortodossia non prevede un piano B - arrivano cortocircuiti come quello dell'anno scorso in Champions nei 180' con l'Inter, la cui impresa, dopo lo show di lunedì, appare ancora più leggendaria. Forse qualcuno (magari lo stesso Real a primavera) riuscirà a imitarla, ma gli 8 titoli vinti dal Barça di Guardiola in due stagioni confermano che il calcio totale del Duemila non è solo bellezza ma tanta, tremenda sostanza.

di Alessandro Pasini, dal Corriere dell Sera di oggi

3 commenti:

Danielone ha detto...

Questo ed altro i può dire di questa memorabile partita. Certamente resterà nella mia memoria come il riquadro del calcio perfetto. Entrerà in un'ideale galleria in cui colloco Uruguaj-Inghilterra mondiali svizzeri 1954, i primi venti minuti di un Milan-Vicenza degli anni 70, il derby perfetto Milan-Inter 2-0 del primo Gullit e di Virdis, la finale di Barcellona e di Atene vinte dal Milan, la finale dell'Europeo Olanda-Urss dei marziani olandesi del Milan ed anche il primo tempo della finale tragica di Istambul don il Liverpool.
Questa, e pochi altri frammenti, la cineteca calcistica della mia vita.
Danielone

Anonimo ha detto...

Aggiungerei alla gallaria dei ricordi la finale mondiale 1958 Svezia-Brasile;può darsi influisca la "prima volta" in TV con le emozioni in diretta o il refrain Didì,Vavà,Pelè del cronista(credo fosse Carosio)non dimenticando lo spettacolare Garrincha e l'ala tattica Zagallo(poi CT dei carioca).-
Certo gli svedesi più famosi erano ormai alla fine ma un meraviglioso gol di Pelé, stop di petto e tiro al volo nel sette,sono cose che rimangono nella memoria.-
Giacomo

TheSteve ha detto...

Senza ombra di dubbio, il Barça di Pep Guardiola è la squadra più straordinaria che abbia visto giocare in vita mia, assieme al Milan dell'Arrigo Sacchi.