20 novembre 2007

Il maoismo di Berlusconi

La svolta movimentista sistema molte pendenze salvo una: l’alternanza.

Berlusconi aveva preso per tempo la decisione di bombardare il quartier generale del centro destra, compresa la sua Forza Italia, e alla fine ha varcato la linea rossa. Faccio un nuovo partito, ha spiegato dettando la svolta a un megafono, lo legittimo nel rapporto personale con il popolo elettore che chiamo a raccolta per mandare a casa Prodi, mi emancipo dalle costrizioni della mia vecchia alleanza rimettendo a posto rivali insidiosi, e discuto una legge proporzionale con il Partito democratico anche per correre da solo. Nell’annuncio di domenica al gazebo c’era lo sbocco di un progetto che avevamo raccontato ai lettori nella primavera scorsa, quando emerse alla luce in modo credibile il fenomeno-spia di una Michela Vittoria Brambilla, la giovane leader dei Circoli della libertà che aveva ricevuto dal Cav. un mandato analogo a quello delle guardie rosse sotto Mao, violenza esclusa, e imponenti risorse per assolverlo. Con una mobilitazione di successo, paragonabile nei numeri della partecipazione alle primarie del Pd, e una correzione di rotta di 180 gradi, realizzata nelle forme tipiche dello showman che conosciamo, Berlusconi non ha solo dato soddisfazione alla sua impazienza verso alleati malmostosi e infidi, ha anche determinato una situazione politica integralmente nuova. In simmetria perfetta con la nascita del Pd leggero e leaderista, che aveva mutuato dal berlusconismo l’essenza della propria forma e la vocazione maggioritaria autosufficiente, il Cav. ha sancito la fine degli unionismi, dei coalizionismi forzati, sia a destra sia a sinistra. Nella lettura delle novità e dei sondaggi, quell’imprenditore della politica, all’origine di una delle più straordinarie avventure del potere europeo e occidentale da molti decenni a questa parte, è secondo a nessuno. Nel nuovo schema berlusconiano c’è spazio per negoziare il sistema tedesco, fondato su un solido sbarramento contro le formazioni minori; qualche diffidenza verso la correzione blandamente maggioritaria della riforma Veltroni-Vassallo, che offre un diritto di tribuna consistente ai partiti radicati in un territorio circoscritto; qualche possibile apertura verso il referendum, che come tutti sanno porterebbe sulla carta a un maggioritario bipartitico in cui il premio è secco e spetta a chi arriva primo, al partito di maggioranza relativa non apparentato ad alcun altro. Ma al di là dei tecnicismi, il senso della svolta è semplice, dal punto di vista di Berlusconi: Prodi ha fallito, l’Unione è in smantellamento, Veltroni ha bisogno di una prova elettorale a breve, penso di poterla sostenere vittoriosamente, e comunque in casa mia comando io in stretta relazione con un’opinione popolare che padroneggio senza fatica e non i leader di centrodestra che ho salvato dalla marginalità e coltivano smodate ambizioni alle mie spalle, infliggendomi colpi traversi sia quando sono al governo sia quando sono all’opposizione. Oltretutto, nel nuovo sistema, soprattutto se riportato a rapporti di forza proporzionali tra i partiti, vincere e perdere diventa un concetto relativo, e la posizione centrale di un partito del popolo e delle libertà garantisce comunque lunga vita e larga influenza a chi ha i voti, cioè a Berlusconi in persona. L’ironia della storia è buffa e anche spietata: si sta ricostruendo nella sostanza la Prima Repubblica, e si sta smantellando il bipolarismo composito e fazioso della lunga transizione, mentre le querce e le margherite e le forze italie si trasformano ribattezzandosi come partiti, ma il tutto avviene nel segno dell’appello al popolo e alla democrazia dei cittadini, tra primarie e gazebo che tagliano la testa alle vecchie nomenclature delle tessere e degli apparati. Quanto all’alternanza alla guida dello stato e al famoso diritto elettorale di scegliere il governo nelle urne, li salvi chi può.

da Il Foglio di oggi

1 commento:

Anonimo ha detto...

E siamo ad un'altra fase del nostro caos politico permanente.
Nietzche, vado a memoria, diceva che "solo dal caos può nascere una stella". Vuoi dire che l'Italia, che ormai da molti lustri s'affida allo solo "stellone nazionale", riuscirà a vedere stelle fisse capaci di ri-dare luce, calore e vita?
Hasta siempre.
banzai43

PS - Ben tornato alla Rete