05 novembre 2007

Il cosiddetto Derby d'Italia

Viene chiamata con una definizione del genio Breriano la partita fra bianconeri e nerocelesti. Una volta era decisiva per lo scudetto ma, da almeno vent'anni, per cause diverse (era morattiana ante commissario Rossi e scandalo di Lucianone) conta solo per le botte che si scambiano generosamente in campo i contendenti ed i veleni dello spogliatoio.
Ieri sera è finita pari, 1-1. Partita bruttina, gioco paesano, botte quanto basta per tenere alta la tradizione.
Eppure la partita ha detto qualche cosa di importante.
La Juve ha recuperato grazie ai suoi vecchi fuoriclasse, quelli salvatisi dallo scippo morattiano-iberico e da qualche giovanotto pescato in quel meraviglioso vivaio che Lucianone aveva costruito.
I nuovi, voluti dalla dirigenza post-moggiana, non valgono il prezzo del biglietto del tram. Dimostrazione lampante che nel calcio non bastano i soldi (vero Galliani?) ma occorrono competenze, conoscenze, ma anche cellulari ed arbitri amici.
L'Inter ha mostrato crepe sorprendenti. La difesa, se aggredita con rabbia, va pericolosamente in affanno e si rifugia nel pestaggio scientifico. Il proboscidone bosniaco è un fenomeno quando ha un metro di spazio. Marcato a uomo, si trasforma in un fantasmino insolente.
Un'ultima considerazione ed una rivalutazione dell'intuito di Galliani. Suazo è un brocco veloce. Solo la bulimia di Moratti poteva strapparcelo per 30 miliardi.

PS: Da ieri il piazzale di San Siro si chiama Angelo Moratti.
È ora di costruirci un nuovo stadio.


Analisi sentimentale di una partita di calcio, di Er Go’ de Turone

Niente da fare, alla fine la sento anch’io, come se fosse una partita speciale. Sarà la voglia di rivincita, il desiderio di dimostrarci ancora vivi. La vivo anch’io come un’attesa diversa dalle altre. Forse, a pensarci bene, sarà anche per quei 3 dati che ho letto nel pomeriggio su un giornale (bianco, ovviamente). Le statistiche erano queste. Ultimo scudetto conteso tra le 2: 2005, Juve sul campo, Inter a tavolino. Ultima vittoria dell’Inter in quello stadio: 1983, 3-3 sul campo, 0-2 a tavolino. Vittoria con maggior scarto: 9-1 Juve, Inter in campo con i primavera. Cosa c’entra quest’ultima? Beh, facile. Perchè l’Inter era scesa in campo con i giovani? Per protesta, perchè volevano la vittoria a tavolino, e invece era stata ordinata la ripetizione di una partita sospesa per invasione. Allora si’, guardo quei dati e un po’ rido, un po’ comincia a salire la tensione. Arrivo al pub, qui a Bruxelles, alle 20. Sono il primo. Il grande schermo è occupato dal football americano, da non crederci. Ma forse hanno ragione loro, Juve-Inter non ha motivo per essere una partita speciale: in Europa l’Inter non ha lasciato grandi ricordi negli ultimi 40 anni, e di signori anziani che possano ricordare Mazzola e Corso, nel pub ce ne sono proprio pochi. Vado in una delle sale dove trasmetteranno la partita, ovviamente sono il primo. Pian piano arriva gente, con uno sguardo cerco di capire che tipi sono, per chi tiferanno. Più juventini, direi. La vediamo con sky, quindi ho modo di vedere l’abbraccio dei tifosi al pullman bianconero, l’augurio della curva (Montero torna per Ibra!), i cori, i fischi. Sale, la tensione, sale. Il pullman dell’Inter, bloccato dai tifosi juventini, è in ritardo, cosi dicono. La partita comincia in ritardo. Ecco qua, penso io. Vincono a tavolino. La partita è equilibrata, il fuorigioco è utile ma pericoloso, ed ecco che ne fanno uno, che rischiano di farne un altro. Ma Ibra, troppo tifoso nerazzurro, si emoziona e si fa anticipare a porta vuota. Secondo tempo, la Juve è calata, quasi assente. Loro rischiano di dilagare in contropiede. Esce Cruz, uno lento, ma che segna ogni 2 occasioni. Entra Suazo, uno velocissimo, ma che non segna neanche a porta vuota. Meglio cosi. Altra grande intuizione di Mancini. Fuori Figo, dentro Burdisso. Bravo, l’uomo che vince sempre. Da noi, invece, entra Camoranesi, unico fuoriclasse in campo tra tutte e due le squadre, fa 3 dribbling in un minuto, cambia la partita. Palladino, che tanti juventini criticano e io davvero non capisco perchè, da tutta la partita salta Maicon senza problemi, lo frega un’altra volta e mette al centro, poi Iaquinta, Camoranesi… Gol. Gol, si. Abbiamo segnato. Un anno e mezzo dopo, riecco quella scena. Si abbracciano tutti. E’ giusto cosi, visto che loro non hanno allenatore, mentre noi abbiamo meno qualità, ma una tonnellata di carattere in più. Sono felice. mi spiace solo per Bergomi, lo sento un po’ giù e proprio non capisco perchè. L’Inter è più forte, niente da dire. Non ha un briciolo del carattere della Juve capelliana, ma è forte. Prova a vincere nonostante il suo allenatore, il che è comunque lodevole. Sono felice per un pareggio contro l’Inter, e qui chi ha il compito di rifare grande la nostra Juve si fermi magari a leggere queste due righe. Facciano il possibile, al più presto, per riportare le cose al proprio posto. Perchè Juve-Inter ieri per noi era una partita speciale, mentre nei 100 anni precedenti speciale lo era stata solo per loro, perchè quella domenica affrontavano i più forti. Perchè ieri, dopo un pareggio in casa, eravamo a festeggiare per un punto guadagnato. Mentre da quando esiste il calcio, un pareggio in casa contro l’Inter vuol dire solo due punti persi. Poche chiacchiere, allora, e al lavoro. Sin da gennaio. Per ora, accontentiamoci di Moratti e dei suoi arbitri "eccessivamente bravi", del "pareggio ingiusto" di Mancini, delle mani sulla testa di Cambiasso scandalizzato per una decisione arbitrale, ovviamente del tutto corretta. E teniamoci Ranieri e Molinaro, che non saranno Lippi e Zambrotta, ma hanno fatto togliere un ammonizione a un avversario. E ci hanno aiutato a ricordare, in una serata dove tutto sembrava essere invertito, che la Juve in fondo è sempre la Juve, e l’Inter è sempre l’Inter. Al di là del risultato, e di quel punto guadagnato in una partita speciale, che dall’anno prossimo deve tornare ad essere solo due punti persi, in una partita normale. Forza Juve. I love football.

dal blog Camillo, di Christian Rocca

1 commento:

TheSteve ha detto...

A confrontare la partita di cartello della Serie A - il suddetto Derby d'Italia, come si compiacciono ancora oggi di chiamarlo gli interisti breriani - con quella di Premier League, Arsenal-Manchester di sabato, basta un colpo d'occhio per capire l'abisso di tecnica e atletismo che corre tra il calcio italiano e quello inglese. Come guardare due sport diversi, da sempre, ma oggi in un'accezione se possibile ancor più sminutiva nei confronti di quel torneo aziendale a venti squadre che è diventato il nostro campionato. Premesso ciò, mi viene da dire che il DNA non è un'opinione. Per una volta superiori e snob ma tuttavia paralizzati da vent'anni di inferiorità gli Onesti, per una volta inferiori ma una volta di più esemplari nell'orgoglio feroce i Ladroni di sempre. Giusto il pari. Ineccepibile che Nedved abbia spaccato un piede a Figo. Loro sono la razza padrona - gli uni e gli altri, gli uni o gli altri -, ho imparato di recente. Storicizzare l'avvento del Berlusca in quest'ottica aiuta a capire una molteplicità di fenomeni, dal famoso patto d'acciao di Arcore con la real casa sabauda a Moggiopoli, che non è stato altro se non un poderoso atto di restaurazione. Coerente, in tutto ciò, che dopo il NOSTRO stadio i dirimpettai si siano intitolati anche il piazzale antistante. Da Pillitteri a Moratti, sono anche cambiati i colori della giunta, ma solo la razza padrona quando è al potere avverte l'urgenza dell'autocelebrazione. E tutto ciò non fa che aumentare (oltre alla nausea) la nostalgia del mio Milan di bambino, quello Anni Settanta, un po' sdrucito ma infinitamente più dignitoso ed elegante di questo del Duemila, opulento e decadente come la sua brianzola dirigenza.