24 febbraio 2007
Il Gallia di Roma
Prodi, come il suo grande elettore Moratti nel calcio, non bada a spese.
Sottosegretariati, Presidenze di Enti, Authority, Comitati all'Onu, ricerche di Prometeia per figli e nipoti: tutto è stato messo in campo per potersi assicurare almeno cinque nuovi sostenitori del governo.
Il fronte opposto tace, ma gli esperti assicurano che alcuni colpi segreti si renderanno visibili nei prossimi mesi. Le operazioni di mercato della destra sono state affidate al Card. Ruini che controlla, come un tempo la Gea, circa duecento deputati. L'alto prelato, nell'assumere l'incarico ha posto, come unica condizione, che Berlusconi non rilasci interviste sino all'arrivo dei Dico in Senato.
La star del mercato è Follini, uomo di classe che però preoccupa i dirigenti dell'Ulivo per il profilo caratteriale: è forte il timore che, inquieto ed insoddisfatto com'è, finisca per approdare alla sinistra extraparlamentare per poi curvare spettacolarmente verso i Nar.
Ottime le quotazioni dell'ex-dipietrino De Gregorio e del siculo Lombardo.
Fisichella sta sondando il territorio di Alleanza Nazionale, di cui è universalmente riconosciuto espertissimo.
Anche Grillini è discretamente attivo fra gli omofili dell'altra sponda politica.
Prodi, titanico forgiatore del secondo rinascimento italiano, tace corrucciato attendendo con malcelata ansia, a trattative concluse, la chiamata del Colle non già per un reincarico ma per il rinvio alle camere del governo esistente.
Infatti i cavalieri della tavola rotonda, suoi fedeli ma bizzarri alleati, nel prestare giuramento di fedeltà, gli hanno sommessamente fatto presente che se muove solo una paglia della compagine succede un quarantotto.
Sul supplemento di programma, che ora traguarderà il 2100, tutti d'accordo, ma sulle cadreghe nessuno transige.
23 febbraio 2007
Ho letto Buttafuoco
L'occupazione alleata in Sicilia e le sacche di resistenza bellica organizzate dallo spionaggio tedesco. Una trama insolita, basata su avvenimenti che sono rimasti cronaca misconosciuta perché, da sempre e giustamente, la storia la scrivono i vincitori.
L'autore, noto ed apprezzato giornalista, ideologicamente schierato a destra, ricostruisce in chiave epica le imprese di un manipolo di resistenti nel triangolo Catania-Trapani-Palermo. Storie di sabotaggi ma anche di strane commistioni fra uomini d'arme ed esponenti del clero.
La sorpresa non è solo quest'angolo visuale così insolito nel panorama di bulgara uniformità delle lettere italiane, ma anche e soprattutto la qualità letteraria e lo spessore culturale dell'autore.
Raffinato e convincente l'impianto narrativo che, dopo un preludio lento e quasi timido a dischiudersi al lettore, prende quota e ritmo sino alle incalzanti e direi perfette ultime cento pagine.
Io lo consiglio vivamente a chi ha la mente sgombra da pregiudizi ideologici perché quest'opera serve a meglio comprendere gli umori barbari della guerra ma anche a scoprire, nelle incestuose alleanze fra eserciti vincitori, affarismo e mafia, il seme delle troppe anomalie della nostra democrazia malata.
Ho letto Cavina
Nel paese di Tolintelsac, di Cristiano Cavina.
Autore giovane, alla seconda prova, dotato di una simpatica verve descrittiva.
Narra le storie della sua famiglia e del paese natio.
Prevale il gusto della pennellata arguta, l'abbozzo di figurine amabilmente riviste dietro le lenti del ricordo struggente, l'amore per le atmosfere del paese natio, ma fatica ad emergere la capacità di ricomporre i bozzetti in una struttura narrativa unitaria.
Un po' come i film ad episodi del cinema commediale italiano degli anni '60, talora piacevoli ma mai organici ad un tema.
Eppure il libro si legge con gusto ed anche con l'emozione della riscoperta di sensazioni che accomunano tutte le infanzie ingenue ed incantate.
Io attendo Cavina alle prossime fatiche.
Se acquisterà spessore di narratore, sentiremo spesso di lui nei prossimi anni.
22 febbraio 2007
Les comediens
Fare tante parti in commedia è un tratto distintivo del mestiere di politico nel Belpaese.
Il trasformismo è nato nei primi parlamenti unitari e si accompagnava al malcostume di mercificare con prebende ed onori le irrequietezze degli eletti dal popolo (cfr. D. Mack Smith - Storia d'Italia).
Questa virtù atavica non si è persa nel tempo, ma si è impreziosita con nuove esperienze e sapienti adattamenti al mutare dei tempi.
Il trasformismo contemporaneo non stupisce né sconcerta, ma che dolore gastrico vedere un Craxi, detto Bobo, già deputato della destra ora sottosegretario in quota DS, recitare la parte del servo sciocco di D'Alema, uno dei mandanti della persecuzione politica che ha ucciso il capo dei socialisti italiani, Bettino Craxi.
20 febbraio 2007
Sinistra di lotta e di governo
La senatrice Franca Rame insulta Fassino e dà di vecchio sdentato a Parisi. Inutile aspettarsi reazioni.
La dentiera nuova, il ministro cazzone, il segretario bugiardo: Franca Rame era con Dario Fo (ma non sul palco di un teatro a fare pubblici, noiosi sberleffi: era magnificamente adagiata in poltrona, senatrice della Repubblica assai stanca dopo un comizio anti base americana a Vicenza), guardava il tiggì e c’era però una telecamera a registrarne il bel volto e la voce roca da attrice, mentre con la mano mandava affanculo Piero Fassino, e con la bocca uccideva Arturo Parisi, ministro della Difesa: “Eccolo qui il cazzone. Ha la dentiera nuova”. Una cosa turpe e magnifica, da trattoria con la puzza d’unto: loro due, il premio Nobel e l’appassionata senatrice del centrosinistra, stravaccati e fieramente insultanti, mentre i povericristi governanti tentano di dire dalla tivù qualcosa di bello, di serio, di politico (con tutta la prudenza possibile, con tutta l’ansia del mondo). Lei, che con loro è stata eletta e per loro sta, un po’ confusa, in Parlamento, dietro uno stupendo paio di occhiali scuri, li ha distrutti per sempre. Fassino e Parisi non risponderanno nemmeno, avviliti e oramai tristemente masochisti. Il silenzioso ministro della Difesa è stato ridotto a vecchiaccio sdentato da un’anziana e svaporata signora che sopra un palco, in un social forum a Firenze, se la prese con un’altra anziana signora, Oriana Fallaci, gridandole “terrorista”, però sempre con quell’aria bionda e perbene di chi certe cose le dice per mestiere, per arte: il rutto di un attore sul palco è ben più lieve del rutto di una senatrice in poltrona.
Inciampare nella dentiera
Più della ferocia di Marco Travaglio, molto più dell’agitazione di Sabina Guzzanti (che lo show di Franca Rame ha immediatamente trasformato in una vera signora con filo di perle e fazzolettino di pizzo), ha potuto la dentiera nuova del ministro della Difesa, cioè quanto di più devastante si possa dire di un uomo. L’onorevole Franca è così: viene eletta, con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, ringrazia, s’indigna, va da Michele Santoro a dire che vergogna le spese folli per la carta igienica in Parlamento, le fanno notare che però ha votato il rifinanziamento in Afghanistan essendo pacifista e la Finanziaria del raddoppio delle spese militari essendo risparmina, lei s’imbarazza un istante soltanto, abbassa gli occhi, poi leggera come una libellula svolazza altrove, gridando “Berlusconi”, che fa ancora così chic. Adesso, essendo ormai evidente che dentro l’Unione si può fare qualunque cosa, si potrebbe organizzare uno spettacolo d’insulti, con deputate, ministre e senatrici che gridano ai colleghi: cornuti, sfigati, froci.
da Il Foglio di oggi.
17 febbraio 2007
Fil rouge
Come si usa dire in Italia, gli accusati sono al momento solo degli indagati e le garanzie costituzionali gli consentiranno di provare la loro eventuale innocenza in dibattimento.
Conscio di questo valore, il teatrone politico e giornalistico si è scatenato in una delle migliori recite sulla democrazia aggredita, sul baluardo dell'unità delle masse contro il terrorismo e sulla purezza della Cgil che ospitava, per mero caso, fra i propri iscritti buona parte degli indagati.
Tutto secondo copione, come la proclamazione da parte di alcuni arrestati d'essere prigionieri politici.
Nell'attesa, fra qualche tempo, di vederli diventare collaboratori di giustizia e, se gli anni mi bastassero, di riconoscere taluno di loro deputato e forse anche sottosegretario.
Che noia questa sinistra che, a data fissa, riesce a partorire dal proprio bagaglio di violenza ideologica e verbale qualche scapestrato che interpreta in modo distorto le regole del gioco e si mette a sparare!
Ora, per rispettare il copione, attendiamoci il rinvenimento di una cellula nera, con il santabarbara in cantina, ed una salvifica manifestazione unitaria a Roma per dire no agli opposti estremismi.
E sabato tutti a Vicenza nel nome dell'arcobaleno a sfasciare vetrine ed imbrattare i monumenti palladiani.
Viva l'Italia.
07 febbraio 2007
Cammei
di Andrea Marcenaro, Il Foglio
04 febbraio 2007
Tifosi assassini
Sospese tutte le manifestazioni calcistiche a tempo indeterminato.
Eguale provvedimento di silenziosa riflessione non è stato adottato da dirigenti federali, ministri, politici, giornalisti e fauna varia che ruota intorno al pallone, i quali hanno prontamente affollato i microfoni per declamare sdegno, determinazione, fermezza, lotta alle tifoserie violente e bla, bla, bla.
Dov'era questo circo settimana scorsa, quando fu massacrato un dirigente di una squadra dilettantistica calabrese?
E questi propositi di dire basta, quante volte li abbiamo sentiti proclamare in quarant'anni di morti assurde, ferimenti, violenze inaudite, consumate dentro e fuori gli stadi?
Quante volte, dopo le lacrime di prammatica, le condoglianze di rito, gli articoli grondanti italica retorica, la giostra ha ricominciato a girare spensierata e violenta?
Temo che anche questa volta si ripeterà la sceneggiata.
Per tre elementari ragioni.
Il calcio, per il fisco - cioè la politica - è una grassa vacca da latte che deve essere munta.
Il tifo organizzato è da sempre "il braccio armato" di quasi tutte le società calcistiche, che lo finanziano e ne sono parimenti ricattate, come si usa fra gentiluomini.
Le curve, tutte politicamente imparentate, protette da partiti che in Parlamento bocciano i provvedimenti restrittivi e votano gli indulti, sono accomunate dall'odio sanguinario verso le tifoserie (politicamente) avverse e, soprattutto, verso le forze dell'ordine.
Se non si rimuovono questi nodi, almeno uno per volta, auspicare il modello inglese in Italia è sporca ipocrisia.
Al massimo possiamo imitare il modello argentino.
Amen