Mai dare per morto il calcio europeo! In semifinale ci ritroviamo i terribili panzer tedeschi, veri specialisti del torneo mondiale, la Spagna incostante come una damina romantica, l'Olanda che non capisci mai cosa ci faccia in alta quota con quella miseria di classe collettiva che si ritrova, ed infine gli uruguagi a difendere una solida tradizione di calcio sudamericano raffinatamente difensivo.
Sono caduti i sacri mostri, Argentina e Brasile, ed anche piuttosto male.
L'Argentina vantava il più bel potenziale d'attacco, ma alla prova del nove ha pagato la totale ignoranza del conduttore Maradona che, per menarsi vanto, aveva dichiarato che in panchina non capiva un c****. Puntuale, la nemesi ha mostrato al mondo che Diego non sa effettivamente fare le uniche cose per le quali si danno soldi a dei tromboni in panchina: correggere la formazione ed adattarla alle pieghe della partita, sostituire tempestivamente chi ha il serbatoio delle energie vuoto. Se ti innamori della tua rosa, fai uno spogliatoio di fedelissimi ma affondi con le loro debolezze. Noi a Milano, sponda rossonera, di queste vicende siamo esperti.
Il discorso sul Brasile è un po' diverso. Dunga non è uno sprovveduto, ma semmai un prevenuto.
Prevenuto verso il calciatore di pura indole brasiliana, genialoide ma sregolato, capace di sublimi raffinatezze che fanno amare il calcio, ma anche di nefandezze tattiche che ti fanno perdere una partita. Dunga, cresciuto calcisticamente in Italia, è un difensivista convinto in un paese ove si vorrebbe, per assurda follia, che anche il portiere partecipasse al gioco d'attacco. Ha plasmato una nazionale di normali, tutti maturati al calcio europeo, ma con un formidabile senso del collettivo. Doveva e poteva bastare per vincere questo mediocre mondiale. È stato tradito proprio dall'istinto brasiliano ad offendere che, nel momento necessario, non era nelle corde di questo organico, scivolato in un psicodramma impotente ed imbarazzante come raramente si era visto.
Dunga giustamente se ne va, perché era un innesto contro natura nel calcio brasiliano, ma il vero problema comincia ora. Il successore dovrà inventarsi una formula magica che recuperi l'anima carioca e la faccia convivere con le esperienze degli "europei" che non possono e non devono essere esclusi dalla Seleçao.
Auguri Leonardo, se il compito ti sarà affidato!
05 luglio 2010
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1 commento:
Siamo già all'ultimo atto di un mondiale che verrà ricordato solo per il ronzio delle trombette e per le predizioni del polpo Paul. Nella finale inedita, si incontreranno l'Olanda più brutta, cattiva e fortunata che si ricordi a memoria d'uomo e una Spagna che è arrivata fino in fondo dando la sensazione di esprimere solo una quota minima del potenziale tecnico straordinario di cui dispone. L'auspicio è che il povero Paul, se come pare dovrà finire in umido, sarà almeno per un pulpo alla gallega.
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