Moratti ha fatto la scelta giusta: Mancini non era l'allenatore adatto per la sua Inter. Troppo esigente con i giocatori viziati, troppo irriverente con i dirigenti presuntuosi, troppo antipatico al sottobosco del calcio, troppo odiato dai giornalisti a caccia di personaggi per colmare la mancanza di idee. Troppo innamorato di una sfida contro tutti e contro tutto. Troppo interista, probabilmente. Troppo scomodo. Rischiava di alterare i falsi equilibri, dentro e fuori la società. E di fare ombra a qualcun altro.
Laura Alari, su Quotidiano net.
28 maggio 2008
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1 commento:
La mia opinione su Mancini resta quella espressa una sera di fine estate a San Siro, un Milan-Lazio di qualche coppa nostrana, a voce sufficientemente alta nello stadio semideserto da raggiungere le orecchie del diretto interessato. Da uomo di campo, si capisce che abbia coltivato in carriera uno stuolo di giornalisti fedeli (si sa che basta poco, vengono via con un buffet freddo), talmente fedeli da avere la memoria rattrappita: Mancini, fino al golpe bianco di Guido Rossi, era l'allenatore dei terzi posti in classifica (con distacchi abissali, paragonabili ai nostri di oggi) e delle sanguinose eliminazioni di coppa (con susseguenti contestazioni e sassaiole). Non mi stancherò mai di ricordare che il derby della stagione di cui hanno poi indossato lo scudetto a bocce ferme, lo giocarono davanti alla curva deserta (post Villareal), peraltro perdendolo (1 a 0, gol di Kaladze). Come nei due anni successivi costui sia potuto diventare "l'allenatore che vince sempre" (definizione della pravdarosa) lo sappiamo tutti: hanno costruito uno squadrone in condizioni di monopolio del calciomercato, sottraendo oltre tutto i pezzi migliori alla concorrenza, e l'hanno fatta giocare in un campionato in assenza di rivali. E tutto questo è storia. Certo è che a Mancini vanno rinosciuti, oltre al vittimismo cronico, alla insopportabile vena polemica e alla più totale assenza di capacità autocritica, anche un discreto paio di attributi. Che non guasterebbero al fantoccio seduto sulla panchina della sponda opposta: per questo, se possibile, "uomo di merda" ancor più di lui.
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