14 luglio 2008

Expo 2015, solo se riuscirà a dare un volto nuovo a Milano sarà un successo

Se si riflette sulle Expo universali di maggiore qualità nella storia dei quasi due secoli di queste manifestazioni, si deve constatare come, da quella di Chicago nell’Ottocento a quella di Lisbona tenuta in anni recenti, quelle che hanno lasciato un segno urbano veramente forte sono quelle che sono intervenute sul tessuto della città. Certo c’è anche la Torre Eiffel di Parigi, c’è qualche meraviglioso edificio a Londra che il Palazzo di cristallo e altri in giro per il mondo a ricordare eventi architettonici glamour e di qualità connessi con le varie Expo. Ma le esposizioni che “pesano” sul serio sono quelle che aiutano a ridisegnare la città contemporanea, un moloch difficile da gestire.
In qualche modo è questa anche la storia dell’Expo milanese del 1906, che fissa per sempre l’asse del Sempione (già lanciato in epoca napoleonica) come elemento orientativo per lo sviluppo di Milano.
Si riuscirà nel 2015 a ripetere questa impresa? La prossima manifestazione continua a insistere sull’asse del Sempione, definitivamente consolidato dal lancio – non particolarmente brillante ma comunque “lancio” – della Malpensa e poi dalla costruzione della nuova Fiera milanese a Rho-Pero. Anche gli interventi urbanistici-architettonici più rilevanti negli ultimi anni (soprattutto adesso che alcuni immobiliaristi che avevano investito in altre aree stanno entrando in crisi) insistono su questo asse: così gli interventi sull’area della vecchia Fiera (con i tre gratttacieli modernizzanti, tra cui quello meravigliosamente “storto”) e la ristrutturazione dell’area Garibaldi-Repubblica che sono “in linea” con la via del Sempione.
Ma al di là di questa corretta impostazione di base, si riuscirà a fare operazioni urbanistiche più complesse che segnino una nuova qualità dello sviluppo milanese? Non sono, i nostri, tempi particolarmente propizi per le città italiane. Si consideri anche i casi del Comune di Roma, giustamente criticati pure da uno dei protagonisti della politica di sviluppo della Capitale in questo quindicennio, Walter Tocci, ottimo assessore ai trasporti per diversi mandati. Invece di ridare forma al “costruito” a Roma si è scelto di espandere ancora una città che ha dimensioni già particolarmente ingovernabili. Certamente, oltre che con una logica di amicizie collegate al blocco di potere rutellian-veltroniano peraltro poi clamorosamente fallito, si è scelto di farlo cercando di appoggiare i nuovi quartieri sul trasporto su ferro e di dotarli di spazi verdi. Comunque è difficile dissentire da Tocci sull’errore generale che si è compiuto espandendo ancora Roma.
Milano dalla sua ha rapidamente esaurito gran parte delle aree industriali lasciate libere dalla modificazione del tessuto urbano cittadino. Più di un intervento privato ha una sua logica non disprezzabile, ma nel complesso si sono perse molte occasioni puntando soprattutto su residenziale, commerciale e un generico terziario. In parte questo è stato inevitabile in una città decapitata dal furore giustizialista del ’92.
Oggi chi prepara la nuova Expo, gli organizzatori si concentrano molto sui contenuti, sugli eventi e su una pianificazione legata all’esaltante tema del “nutrire il pianeta”. Ma miliardi di euro in interventi in infrastrutture e in costruzione di padiglioni di cui sarebbe bene pensare subito il riuso, devono spingere anche a riflettere su come utilizzare tutte queste risorse secondo un disegno coerente della nuova Milano. Secondo me, lo si fa partendo, innanzi tutto, da due temi: come valorizzare le strutture di ricerca di Milano e come riqualificare le periferie.

Lodovico Festa su L'Occidentale

1 commento:

TheSteve ha detto...

Milano è una partita persa, molto tempo fa.