Sette ore e passa dinanzi al televisore, fra gioco e soste per pioggia, per vedere un incontro di tennis: la finale di Wimbledon.
Uno sport che mi prende emotivamente ma di cui capisco relativamente poco.
Ma per creare interesse e fascino non occorre essere esperti di regolamenti e tecniche di gioco, è sufficiente farsi prendere dalle sensazioni di un evento importante, qual è la finale di Wimbledon, e gustarsi gli umori di una grande sfida fra due antagonisti di classe e carisma.
Vale per il tennis ma anche per il football americano e forse anche per il cricket o il gioco della lippa.
Federer e Nadal sono rispettivamente il n° 1 ed il secondo delle classifiche mondiali.
Il primo è un caimano che divora tutti da anni, il secondo, più giovane, si appresta ad imitarlo ed, in effetti, da un anno è il migliore delle classifiche.
Il destino ha voluto che si trovassero di fronte per l'appuntamento più fascinoso dell'anno, per la finale di un torneo che da oltre cent'anni assegna l'alloro del migliore al mondo sull'erba.
La battaglia è durata 5 set, si è sviluppata in modo ammaliante con un dominio iniziale del più giovane e sfrontato e con un faticoso, ansioso recupero del più anziano e titolato, che ha ceduto solo all'ultimo game del quinto set, fra le ombre lunghe della notte ormai incombente.
Il fascino di questa sfida non è stato per il contenuto tecnico della contesa, tutto affidato a chi randellava la pallina più forte dell'altro, ma sull'eterna contesa tra il vecchio che difende il suo trono ed il giovane più fresco e sfrontato che glielo insidia.
Una legge eterna della vita, drammatica, ricca di patos e di umori, un risultato scontato ma sempre diverso perché diversa è la dignità nella sconfitta.
Ha vinto ovviamente il giovane sfrontato, spocchioso iberico Nadal.
Ha perso lo svizzero Federer (glielo si leggeva sul volto) che la sua sconfitta l'ha inesorabilmente assaporata in ogni minuto di quelle sette ore di contesa.
Perché la sconfitta, prima di certificarla sul campo o nella vita, nel tuo intimo te la bevi, minuto per minuto, sempre in ogni frangente, da un immenso calice di fiele.
07 luglio 2008
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