14 marzo 2008

Alitalia

Se anche Air France ha paura dei sindacati un motivo c'è.

Nonostante l’offerta vincolante di Ar France per comprare Alitalia sia prevista per domani, il ministro Bianchi ha detto di ritenere “cosa saggia” che si aspetti il prossimo governo per procedere.
La ragione di tale “saggezza” va ricercata nei “vincoli” posti da Air France all’acquisto. La necessaria ristrutturazione dell’azienda non piace ai sindacati, ed è normale che il compratore voglia la garanzia di poter procedere, una volta acquisita la compagnia, a rimetterla in ordine.
L’allergia all’opzione Air France di buona parte della classe politica (e di non pochi di quelli che saranno presumibilmente al governo), assieme con la nota facilità di mobilitazione dei sindacati del ramo, lasciano presagire che il treno della privatizzazione potrebbe essere perso. Con soli due esiti possibili: o il fallimento della compagnia, o qualche giochetto improbabile e vischioso per salvarla dal patatrac.
La vicenda Alitalia dovrebbe insegnare invece due cose, soprattutto al centro-destra. La prima è che c’è un solo modo per evitare che altri privatizzino poi male: privatizzare prima bene. Se in cinque anni di berlusconismo non fosse girato il carillon del “patriottismo economico” (un Paese importante deve avere un vettore col suo vessillo nazionale!), si sarebbe potuta vendere Alitalia attraverso una gara più trasparente, e soprattutto il contribuente non avrebbe perso tanto tempo e tanto denaro.
La seconda è che il potere dei sindacati in questo Paese resta fortissimo. L’Italia, non avendo avuto una Thatcher, non ha avuto neanche una vertenza coi suoi “minatori”: e i risultati si vedono. Da noi il governo non riesce a piegare una corporazione chiassosa ma numericamente esigua come quella degli “operai del traffico”, i tassinari, figurarsi se riesce a dare un giro di vite alle sigle dei dipendenti Alitalia.
Ma chi mai comprerebbe un’impresa certo che qualsiasi tentativo di rimetterla a nuovo costerà reputazione, lacrime e sangue, visto che i lavoratori cercheranno di stoppare ogni tentativo di razionalizzazione del personale?
E’ vero che i liberisti rischiano di passare per campioni del licenziamento facile, personaggini con la bava alla bocca ogni volta che ad alcuni (agli altri) si consegna il foglio di via. E’ un po’ la caricatura che se ne fa anche dibattendo il saggio di Giulio Tremonti, “La paura e la speranza”.
Quelli che scoperchiano le frontiere, aprendo possibilità prima inimmaginabili al grosso del pianeta, vengono spacciati per consapevoli affamatori dei propri vicini di casa. Quando invece le libere organizzazioni dei lavori, se libere, possono rivestire un ruolo importante in una prospettiva liberista: dove invece non ce l’ha la pretestuosa e radicale dissociazione degli interessi degli impiegati da quelli dell’imprenditore, come se l’impresa non fosse la barca su cui stanno gli uni e l'altro. E come se i diktat sindacali producessero solo benefici nell’immediato, e non un conto salato da pagare: nel caso di Alitalia, il fallimento.
E’ chiaro che, alle obiezioni “solidaristiche” alle liberalizzazioni, può sembrare assurdo replicare che un’economia di mercato si sa adattare, e pertanto la sua più completa liberalizzazione e liberazione dalla presa delle corporazioni nel lungo periodo va a vantaggio anche di chi oggi ne esce apparentemente perdente. Sarà ottimismo, ma non è immotivato.
L’alternativa è, come insegna il caso Alitalia, la mera preservazione dell'esistente. Un tempo presente in cui abbiamo tutti i difetti che gli anti-liberalizzatori ascrivono a liberalizzazioni ancora non fatte, e in più la sistematica depressione delle forze vive di questo Paese.
Siamo sicuri che il cambiamento sia necessariamente verso il peggio?
Alberto Mingardi, su l'Occidentale

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Le colpe di Berlusconi sono gravissime ed illuminano il lato statalista della coalizione di centro-destra.
Alitalia è una compagnia aerea che ha perso il diritto di sopravvivere nell'era della globalizzazione dei mercati aerei per tutte le nefandezze gestionali,sindacali, comportamentali che ha accumulato nei decenni.
Equipaggi con 7 addetti di voli, quando il resto del mondo ne aveva tre;violazione sistematica degli orari;utenza maltrattata;scioperi selvaggi che per anni hanno reso un azzardo un viaggio con questo vettore;gestione indegna di Malpensa con gli equipaggi che in trasferta partivano da Roma poichè la mobilità è un concetto che in Alitalia vale solo fra Roma città e Fiumicino.
Quanto a Malpensa vi sono da riconoscere le gravissime inadempienza degli enti territoriali lombardi. Ma questa è un'altra triste storia su cui è più facile fare demagogia nordista che ammettere i propri errori.
Conclusione.
Se Alitalia finalmente fallisce la nostra politica dimostra di essere avviata verso la maturità.
Tutto il resto, compreso Air France, è un ulteriore taccheggiamento alle nostre tasche.
danielone

Anonimo ha detto...

Ieri sera ho visto "Anno zero" dedicata alla situazione di Alitalia presenti in studio il Ministro Bianchi,Fassino,Maroni,Formigoni.-
Bene negli ultimi dieci anni(si dieci anni!)Alitalia ha chiuso un solo bilancio in utile;ho appreso che a suo tempo l'accordo con KLM saltò quando gli olandesi capirono che Linate non sarebbe stato chiuso(ai voli internazionali?);ho capito che nello sviluppo di Malpensa si é voluta forzare la mano;traspare ma non appare la volontà di buttare tutto per aria e prendere tempo sempre che l'Europa non lo impedisca.-
Insomma é come per i rifiuti di Napoli : non si sa come uscirne ed intanto la Merkel quest'anno rinuncia a passare le sue vacanze ad Ischia.-
Proprio un bel risultato !
Purtroppo emerge la contraddizione di due schieramenti che hanno al proprio interno(entrambe!)l'anima statalista.-
Ad Anno zero il grande assente era il sindacato che di colpe - forse - ne ha più della politica.-
Giacomo

Anonimo ha detto...

Il Managemen di Air France ha dimostrato, in passato, di saper far di conto (sosì si diceva ai tempi dei miei nonni. I sindacati nostrani NO!
Tutti a casa e si riaparta da "Anno zero".
banzai43